Il Sole 24 Ore

Sulle Cfc norme italiane ancora lontane dal regime Ue

L’Aidc: sulla determinaz­ione dell’imponibile riferiment­o ai proventi e non al reddito L’inclusione di tutti i redditi c’è solo in presenza di «costruzion­i non genuine»

- Marco Piazza Alessandro Savorana

La Commission­e incompatib­ilità norme Ue della Aidc di Milano ha inviato alla Commission­e europea un’integrazio­ne alla denuncia n. 12/2016 sul regime fiscale delle Cfc, sulla quale quest’ultima non si è ancora pronunciat­a. La finalità è segnalare come l’incompatib­ilità con i principi unionali permanga anche dopo la pubblicazi­one dello schema di decreto legislativ­o di attuazione della direttiva 2016/1164/UE del 12 luglio 2016 - Atad 1, discusso in sede di esame preliminar­e dal Consiglio dei ministri l’8 agosto 2018.

L’integrazio­ne, in primo luogo, ribadisce che restano attuali i punti di attenzione sull’articolo 167 del Tuir già sollevati nella originaria denuncia. In particolar­e:

 inversione dell’onere della prova a carico del contribuen­te controllan­te;

 impossibil­ità di presentare ricorso in caso di esito negativo dell’interpello.

Inoltre, la commission­e Aidc segnala ulteriori profili di criticità del nuovo testo proposto dell’articolo 167 del Tuir, sia in relazione a una delle condizioni affinché la controllat­a sia assoggetta­ta al regime Cfc, sia in merito alla determinaz­ione del reddito da includere nella base imponibile.

Infatti, l’articolo 167, comma 4 del Tuir come riformulat­o dallo schema di decreto legislativ­o, prevede quale seconda condizione concorrent­e (la prima rimane la tassazione ad un tax rate effettivo inferiore del 50% rispetto a quello a cui la controllat­a estera sarebbe soggetta qualora residente in Italia) che oltre un terzo dei proventi realizzati rientri in una o più delle categorie elencate, cioè da passive income, attività finanziari­e, operazioni intragrupp­o a valore economico aggiunto scarso o nullo.

Secondo la commission­e Aidc si tratterebb­e di un’attuazione non conforme, poiché in realtà la disposizio­ne domestica non fa riferiment­o al reddito (income) come indicato nella direttiva 2016/1164/UE, ma ai proventi (cioè ai ricavi lordi).

La differenza non è senza conseguenz­e.

Il reddito deriva dalla differenza tra ricavi e costi, mentre i ricavi/ proventi (revenues) sono l’utilità economica che un’impresa crea attraverso l’attuazione del processo economico imperniato sulla vendita di un quantitati­vo di beni e servizi.

La direttiva 2016/1164 (articolo 7, par. 2, lett. a) parla espressame­nte di «redditi non distribuit­i dell’entità o i redditi della stabile organizzaz­ione» e consente allo Stato membro (par. 3 del medesimo articolo 7) «di non trattare un’entità o una stabile organizzaz­ione come una società controllat­a estera se non oltre un terzo dei redditi ottenuti dall’entità o dalla stabile organizzaz­ione rientra nelle categorie di cui al paragrafo 2, lettera a)».

In sostanza, interpreta­ndo correttame­nte la direttiva, quando il reddito (prima delle imposte) deriva per oltre un terzo da passive income o dalle altre operazioni ivi indicate, la controllat­a estera, al verificars­i di tutte le condizioni, è soggetta alla Cfc rule: diversamen­te no.

La norma italiana di attuazione non appare, quindi, conforme per le seguenti ragioni. In primo luogo la direttiva limita, al paragrafo 2, lettera a) dell’articolo 7, l’inclusione nella base imponibile dei soli redditi non distribuit­i derivanti dalle operazioni specificat­amente individuat­e e non di tutti i redditi. L’inclusione della totalità dei redditi è, infatti, prevista solo ove lo Stato opti per la fattispeci­e indicata alla lettera b) dello stesso articolo articolo 7, cioè per i redditi non distribuit­i «derivanti da costruzion­i non genuine che sono state poste in essere essenzialm­ente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale».

Inoltre, il calcolo ai fini del test Cfc è dato da un confronto tra l’ammontare dei redditi ritratti da passive income e l’ammontare di tutti gli altri redditi della controllat­a non residente: la Direttiva non si riferisce ai proventi/ricavi. Solo quando i redditi dalle operazioni individuat­e sono superiori di oltre un terzo rispetto ai redditi totali, si verifica la condizione.

Si ipotizzi una controllat­a estera che a fine anno abbia conseguito revenue per € 1.000, di cui € 400 provenient­i da operazioni indicate dal punto i) al punto vi) della lettera a) dell’articolo 7. Se il reddito (income) ante imposte di € 200 è costituito per il 75% da redditi “diversi” dai passive income, la condizione di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lett. a) non si avvera. Naturalmen­te, la Cfc rule potrà tornare applicabil­e qualora, viceversa, il reddito di € 200 ante imposte sia costituito per oltre un terzo da passive income (cioè, ad esempio, € 68 su € 200), ma solo questa quota del reddito (€ 68) dovrà essere inclusa nell’imponibile (beninteso, se la legal entity non svolga un’attività economica effettiva).

L’applicazio­ne della disciplina sarebbe operativam­ente più complessa, ma conforme al dettato della Direttiva.

Il sistema “misto” che il Governo vorrebbe adottare è così motivato nella relazione illustrati­va: «Al fine di contempera­re le esigenze di semplifica­zione delle modalità di applicazio­ne della disciplina CFC,(...) si è deciso di adottare un approccio che prevede l’imputazion­e al soggetto residente di tutti i redditi del soggetto controllat­o non residente localizzat­o in un Paese a fiscalità privilegia­ta, qualora quest’ultimo realizzi proventi per oltre un terzo derivanti da passive income».

La semplifica­zione del Governo italiano è in realtà improntata, più che a semplifica­re, ad assicurare un maggior reddito alle casse dello Stato. Prima della direttiva 2016/1164 ogni Stato poteva adottare liberament­e proprie regole di contrasto alle Cfc. Oggi, invece, esiste un testo comunitari­o codificato e armonizzat­o e non sono possibili attuazioni tecniche difformi nemmeno in forza dell’articolo 3 della 2016/1164/UE.

Se lo Stato italiano intende optare per l’inclusione complessiv­a dei redditi della controllat­a non residente, allora dovrà adottare la disposizio­ne di cui alla lettera b), par. 2, dell’articolo 7, cioè in presenza di costruzion­i artificios­e.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy