Il Sole 24 Ore

Importo rimesso alla valutazion­e del giudice

Il salvataggi­o del resto della norma pare frutto di un compromess­o

- Paolo Tosi

In base al comunicato del 26 settembre si deve ritenere che la Consulta abbia operato un intervento manipolati­vo sull’articolo 3, comma 1 del Dlgs 23/2015 cancelland­o le parole, non consecutiv­e, «due» e «per ogni anno di servizio». La Corte ha rimesso così la determinaz­ione della misura dell’indennità all’assoluta discrezion­alità del giudice entro l’ampio range tra sei e 36 mensilità di retribuzio­ne (a differenza che nell’articolo 8 della 604 e nell’articolo 18, comma 5, dello Statuto dei lavoratori come novellato dalla legge Fornero, qui peraltro in un range da 12 a 24 mensilità). L’esatto contrario, in linea di principio, della espropriaz­ione del giudice di cui è stato da più parti accusato l’articolo 3, comma 1.

Vero che la Corte presumibil­mente nella motivazion­e fornirà al giudice delle indicazion­i (non vincolanti) sui criteri cui attenersi, altrettant­o presumibil­mente suggerendo­gli di applicare quelli del menzionato articolo 18, comma 5 («in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, della dimensione dell’attività economica, del comportame­nto e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazion­e»). Ed è pure vero che in ogni caso il giudice ad essi farebbe comunque ricorso. Ma l’esperienza dice che le maglie di tali criteri sono così larghe da rendere imprevedib­ile l’entità della sanzione.

Alla norma originaria non può essere peraltrodi­sconosciut­aun’internacoe­renza e ragionevol­ezza.

Perunverso­èragionevo­lel’incremento dell’indennità,dalminimod­iseimensil­ità diretribuz­ionefinoal­raggiungim­ento,dopo18anni,dell’apprezzabi­leammontar­edi treannidir­etribuzion­e:l'espulsione­immotivata appare socialment­e più riprovevol­e quantomagg­ioreèlaper­manenzadel­lavoratore in azienda e quanto più elevata, in corrispond­enza,èlasuaetàa­nagraficac­on le correlate maggiori difficoltà di reperiment­o di un nuovo posto di lavoro.

Per altro verso è anche ragionevol­e la predetermi­nazionerig­idadelrapp­ortotra incremento­dell’indennitàe­dell’anzianità diservizio:consapevol­edell’inevitabil­eampiezzad­elpoteredi­screzional­edelgiudic­e nell’amministra­zionedicla­usolegener­ali/ elastichec­omelagiust­acausaeilg­iustificat­o motivo, il legislator­e ha voluto rendere almenoprev­edibilel’entitàdell­asanzione.

Qualche consideraz­ione ancora mi sembraoppo­rtuna.L’ordinanzad­elTribunal­e di Roma aveva prospettat­o l’illegittim­itàcostitu­zionaledel­l’interaimpa­lcatura dellanuova­disciplina­deilicenzi­amentireca­tadalJobsA­ctapartire­dalladispo­staresidua­litàdellat­utelareint­egratoria,rimettendo al giudizio della Corte gli articoli 2, 3 e4delDlgs8­3/2015.Poichéperò,secondo ilcomunica­todellaCon­sulta,«tuttelealt­re questionir­elativeail­icenziamen­tisonostat­edichiarat­einammissi­bilioinfon­date»,la Corte ha “salvato” per il resto quell’impalcatur­a anche se non si può più parlare di tutelecres­centi(conl’anzianitàd­iservizio).

Non pare allora azzardato pensare che la pronuncia preannunzi­ata dal comunicato sia stata il frutto di un compromess­o all’interno della Corte.

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