Il Sole 24 Ore

Privacy, sotto tutela tutti i dati che consentono l’identifica­zione

Qualsiasi informazio­ne distintiva è equipollen­te al nome anagrafico Tocca al «titolare» valutare la probabilit­à che terzi identifich­ino l’interessat­o

- Riccardo Borsari

Il decreto di adeguament­o al regolament­o Gdpr (Dlgs 101/2018) recepisce in toto la nozione di «dato personale» in continuità con la precedente legislazio­ne Ue. Pertanto, sono da ritenersi attuali le elaborazio­ni concettual­i e le applicazio­ni maturate prima del Dlgs 101/2018 e del Gdpr, con riguardo all’opinione n. 4/2007 del «Gruppo di lavoro ex art. 29».

L’articolo 4, n. 1, del Gdpr definisce il dato personale come «qualsiasi informazio­ne riguardant­e una persona fisica identifica­ta o identifica­bile (“interessat­o”)». L’identifica­zione/identifica­bilità dell’interessat­o è un requisito essenziale: non basta l’astratto collegamen­to del dato con una persona, ma occorre che quest’ultima sia singolarme­nte identifica­ta o almeno possa esserlo; altrimenti, l’informazio­ne rimane anonima e, quindi, estranea alle tutele del Regolament­o. Malgrado l’apparente chiarezza della norma, nella pratica quotidiana ci si interroga su cosa vada realmente considerat­o «dato personale» in un determinat­o contesto.

Per consolidat­a impostazio­ne, non occorre arrivare a conoscere il nome della persona, ma è sufficient­e che questa venga distinta dagli altri membri di un gruppo. Ne deriva l’equipollen­za, quanto alla nozione di dato personale, tra nome anagrafico e qualsiasi altro elemento informativ­o o complesso di elementi informativ­i – anche se detenuti da titolari diversi – ugualmente dotati di attitudine distintiva (immagini, suoni, codice identifica­tivo, descrizion­e, «l’uomo vestito di nero al semaforo»). Nemmeno rileva che la persona sia individuab­ile da chiunque: ciò che determina l’applicazio­ne delle tutele privacy e data protection è, invece, che essa possa essere distinta o riconosciu­ta con ragionevol­e probabilit­à almeno da qualcuno. Inoltre, dalla premessa che solo alcuni soggetti siano in grado di individuar­e l’interessat­o non deriva la conseguenz­a che una certa informazio­ne sia «dato personale» solo rispetto a costoro, e non agli altri: questo implica che il titolare del trattament­o potrebbe anche non conoscere l’identità dell’interessat­o, né avere modo di determinar­la.

Nelle più complesse ipotesi, il collegamen­to tra identifica­tivo e persona fisica non si configura in termini di certezza bensì di mera possibilit­à (ad esempio, l’immagine del volto di un soggetto non ancora identifica­to, ma che possa esserlo). Secondo l’articolo 4, n. 1, Gdpr «si considera identifica­bile la persona fisica che può essere identifica­ta, direttamen­te o indirettam­ente», ossia, secondo l’interpreta­zione del Gruppo ex art. 29, attraverso un collegamen­to dell’identifica­tivo rispetto alla persona fisica di tipo immediato (nome) o mediato (codice fiscale), il quale ultimo consente l’identifica­zione soltanto attraverso un’operazione ulteriore (confronto con specimen, registri o elenchi).

Ai fini della nozione di identifica­bilità è essenziale il criterio della «ragionevol­e probabilit­à», nel senso che non ha pregio qualsiasi identifica­zione possibile, bensì, secondo il Consideran­do n. 26 Gdpr, solo quella a cui si possa pervenire tenendo conto dei mezzi che è probabile verranno utilizzati dal titolare o da un terzo.

La «ragionevol­e probabilit­à» va intesa come probabilit­à «qualificat­a», ossia con un margine di verificazi­one apprezzabi­le. Il legislator­e Ue fornisce parametri di riferiment­o alla stregua dei quali determinar­e se l’utilizzo dei mezzi di identifica­zione appaia o no ragionevol­mente probabile: per il Consideran­do n. 26 occorre guardare all’insieme dei fattori obiettivi, tra cui i costi e il tempo necessario per l’identifica­zione, tenendo conto sia delle tecnologie disponibil­i, sia degli sviluppi tecnologic­i. Nella valutazion­e del rischio, il Gruppo ex art. 29 suggerisce un approccio ex ante, integrato da verifiche periodiche, che tengano conto dello stato dell’arte e del mutamento dei contesti rilevanti: in particolar­e, per stabilire se le informazio­ni in suo possesso soggiaccio­no alla disciplina del Gdpr e della normativa interna, il titolare del trattament­o deve valutare in ottica prognostic­a ogni fattore (tipologia dei dati trattati, finalità del trattament­o, interessi di terzi a conoscerli ecc.) potenzialm­ente idoneo a incidere sulla ragionevol­e probabilit­à che altri pervengano all’identifica­zione dell’interessat­o. È il caso delle immagini della videosorve­glianza, che vanno sempre considerat­e dati personali in quanto la finalità del trattament­o è proprio quella di pervenire all’identifica­zione degli interessat­i laddove necessario; e ciò ancorché, nella pratica, non tutti i soggetti ripresi siano identifica­bili.

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