Il Sole 24 Ore

La Silicon Valley è in deficit di fiducia (e di creatività)

Il Ceo di Salesforce Benioff bacchetta i big hi-tech. Per entrare nelle aziende l’intelligen­za artificial­e richiede trasparenz­a nella gestione di dati e algoritmi

- Luca Tremolada Dal nostro inviato

Marc Benioff è il volto buono e buonista della Silicon Valley. Filantropo da sempre, da qualche giorno anche il padrone di Time Magazine e nella vita proprietar­io di Salesforce, la piattaform­a di Crm numero al mondo con un fatturato da 12 miliardi di dollari l'anno e tassi di crescita del 30 per cento. Da queste parti, quando parla Benioff l’industria del digitale lo sta a sentire. «Se la fiducia non è il tuo valore più alto, e lo vedi nel nostro settore tecnologic­o in questo momento, i tuoi dipendenti e dirigenti se ne vanno, perché le persone vogliono sapere che possono fidarsi di te». La dichiarazi­one arriva a margine del Dreamforce, un evento diverso dagli altri, che potremmo tranquilla­mente definire il Burning Man dei esperti di tecnologia di impresa. Un megaraduno che ha portato nell'area del Moscone Center circa 170mila persone tra dipendenti, partner e clienti. In un contesto lontano dal chiassoso stile corporate americano, plasmato da una estetica da buon boyscout, con continui richiami al noprofit e a quelli che sono i quattro valori della società: trust, customer satisfacti­on, equality e innovation. «Faresti meglio a decidere ora che la fiducia è il tuo valore più alto - ha dichiarato alla Cnbc - perché in questo nuovo mondo quando tutto sta cambiando, le persone vogliono sapere che possono fidarsi di te». Le sue osservazio­ni arrivano in un momento di profonda turbolenza tecnologic­a.Con le piattaform­e digitali che continuano a mangiarsi pezzi sempre più grandi dell’economia nnel mirino della politica. I dirigenti di Google e Twitter sono chiamati a testimonia­re in diverse udienze del Congresso degli Stati Uniti per discutere del loro ruolo nel consentire l’intromissi­one della Russia nelle elezioni presidenzi­ali del 2016. L’opinione pubblica vuole sapere in qquali modi le loro piattaform­e sono state utilizzate per diffondere informazio­ni false. Mentre, sempre in tema di fiducia, venerdì Facebook ha ammesso di avere subito il primo attacco hacker della sua storia. E per il social network si cominciano ad avvertire le prime conseguenz­e dello scandalo Cambridge Analytica che per quanto poco significat­ivo (per ora) sul piano finanziari­o avrebbe spinto secondo una ricerca realizzata dal Pew Research Center, un americano su quattro a cancellare l’app dal proprio smartphone. Più che segnali sono vere e proprie sirene industrial­i che suonano in uno dei momenti più nevralgici per le tecnologia. L’ingresso in pompa magna dell’intelligen­za artificial­e nelle nostre case attraverso gli smartphone e gli speaker e ora nel business è stato subito salutato dai più critici in modo tetro con toni nefasti come l’inzio dell’era della black box society. E in effetti per la prima volta gli attori delle tecnologie si sono presentati alle aziende chiedendo loro di mettere sotto il loro “cofano” una “scatola” potentissi­ma ma opaca nel suo agire, capace di promettere una elaborazio­ne dei dati tale da consentire una maggiore efficienza nelle decisioni di business. La stessa Salesforce ha lanciato Einstein Voice Assistant, che oltre a rendere consultabi­le con la voce la piattaform­a di Crm vuole affiancars­i ai data scientist automatizz­ando l’interazion­e dei dati più sensibili del business. «Einstein Voice Assistant – spiega Ketan Karkhanis, general manager analytics di Salesforce - trasformer­à automatica­mente i dati vocali non strutturat­i in azioni aggiornand­o, informando i membri del team e creando nuove attività». Per quanto ancora lontano, precisano gli ingegneri del Gruppo, l’orizzonte sembra quello di affidare all’interrogra­zione di un algoritmo le decisioni di business di una azienda. Le aziende presenti ci credono, o almeno ti dicono che il processo sembra davvero ineluttabi­le. Tuttavia, è ormai evidente che senza una fiducia solida tra produttori di algoritmi e aziende l'Ai nelle aziende non ci arriverà mai. E non solo per la resistenza al cambiament­o del management ma per la mancanza di una trasparenz­a di fondo. Come direbbe Benioff senza una fiducia solida questa promessa rischia di venire bellamente disattesa. La questione è però anche politica. La Gdpr, entrata in vigore in Europa il 25 maggio, introduce il diritto da parte dell'utente di ottenere una “comprensib­ile spiegazion­e della logica coinvolta” nei processi di decisione automatica qualora questi abbiano effetti legali sugli individui o li riguardino direttamen­te. Senza tecnologie capaci di esplicitar­e la logica delle black box, questa indicazion­e rischia di rimanere lettera morta o peggio di mettere sotto accusa sofware e processi legati all’Ai ma non solo. Alcuni gruppi si stanno ponendo il problema. Ibm ha annunciato Fairness 360 un software che analizzerà anche i segni di bias, i pregiudizi, gli errori in cui può cadere l’Ai. Lo farà in tempo reale e raccomande­rà aggiustame­nti. Ma la sensazione è che non saranno singole fughe in avanti a tranquilli­zzare i Cio delle aziende. Qui negli Stati Uniti temono una Gdpr degli algoritmi. Tuttavia, per coniare un nuovo motto, sono tutti convinti che servierà una sorta di transparen­cy by design, ovvero regole di trasparenz­a in fase di progettazi­one, un nuovo modo di costruire i software enterprise. E forse anche una nuova Silicon Valley, più creativa e con valori diversi. «L’internet degli anni Novanta à morto – ha raccontato il visionario il ceo di Kickstarte­r Yancey Strickler, -. Rischiamo di ripeterci, anzi ci stiamo già ripetendo». Non lo dice ma a rischio c'è la biodiversi­tà del sistema. La battuta che amano riperterti qui a San Francisco quando scoprono che sei europeo è che il Web è diventato Disneyland. Aprire un ristornate è sempre più difficile perché lo spazio è quello che è. Poi se per caso diventa bravo e grande c'è sempre qualcuno che vuole cambiare le regole del gioco.

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Dreamforce. La Dreamforce è un po’ il Burning Man dei tecnologi delle aziende. Si è svolto a San Francisco settimana scorsa: 160mila i partecipan­ti. In alto, Marc Benioff, Ceo di Salesforce
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