Decreto sicurezza, Mattarella firma e avverte: rispettare la Costituzione
Il Presidente scrive a Conte Salvini: «Rispettiamo tutto ma non siamo fessi» Si amplia la lista dei reati causa di diniego o revoca dello status di rifugiato
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha emanato il Dl su sicurezza e immigrazione. Contestualmente ha scritto al premier, Giuseppe Conte, per sottolineare che, in materia, come affermato nella Relazione di accompagnamento al decreto, restano «fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato».
Firmato ieri dal Quirinale con direzione Senato per l’avvio dell’esame di conversione, il decreto legge su sicurezza e immigrazione porta con sè una scia di scintille e tensioni ai vertici dello Stato. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, invia al presidente Giuseppe Conte una lettera per ricordargli «gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato» in materia di immigrazione e, in particolare, nella protezione internazionale. Il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, la mette così su Facebook: «Ho spiegato al presidente Mattarella che noi rispettiamo la Costituzione, le Convenzioni e i trattati internazionali però non vogliamo passare per fessi». E cita i casi dei richiedenti asilo accusati di essere spacciatori di droga o di altri reati odiosi. Il premier Giuseppe Conte già il 24 settembre dopo l’ok al decreto in Consiglio dei ministri in conferenza stampa aveva sottolineato più volte il rispetto dei trattati e delle norme internazionali. Ieri ha fatto filtrare da palazzo Chigi come il testo rientri in un «quadro di assoluta garanzia per i diritti fondamentali delle persone e tiene conto delle convenzioni internazionali, dei principi contenuti nella nostra Costituzione e nella Carta europea dei diritti dell’uomo». La traccia del dissenso di Mattarella, insomma, è netta. Il Parlamento non potrà non tenerne conto ma è difficile ipotizzare già le conseguenze.
Il dissidio istituzionale sembra aver prodotto perfino un rinvio delle nomine ai vertici di Aise e Dis, sollecitate a più riprese anche in questi giorni da Salvini. Il decreto, già in Gazzetta Ufficiale e dunque in vigore da oggi, è stato limato e ritoccato in un lavoro certosino dei tecnici del Viminale. Ma l’impianto iniziale nei suoi fondamenti non è variato. Resta così l’abrogazione della protezione umanitaria, uno dei punti più dolenti ma fondamentale nella strategia del vicepremier leghista. Al suo posto, permessi temporanei per ipotesi eccezionali: vittime di tratta, di violenza domestica, sfruttamento lavorativo, gravi motivi di salute non curabili nel paese d’origine, atti di particolare valore civile e gravi calamità nella nazione di provenienza.
Si amplia la lista dei reati che in caso di condanna definitiva sono causa di diniego o revoca dello status di rifugiato: violenza sessuale; produzione, traffico e detenzione di stupefacenti; rapina ed estorsione; violenza o minaccia a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi e gravissime, mutilazione degli organi genitali femminili; furto e furto in abitazione aggravati dal porto di armi o di droghe. L’articolo 10 stabilisce che se il richiedente asilo è sottoposto a procedimento penale o ha una condanna non definitiva per questi reati, il questore lo comunica al più presto alla commissione territoriale che «provvede nell’immediatezza all’audizione dell’interessato». In caso di rigetto della domanda lo straniero viene accompagnato alla frontiera anche se fa ricorso contro la decisione della commissione: «Prevale la tutela del bene giuridico dell’ordine e della sicurezza pubblica», sottolinea la relazione. Nei fatti, un organo giudicante di natura amministrativa, la commissione territoriale, diventa prevalente rispetto alla sentenza definitiva del magistrato. Anche il rilascio della cittadinanza si fa più severo. Raddoppia da 24 a 48 mesi anche per le procedure già in corso il termine per la concessione, sia per motivi di residenza sia per matrimonio. E scatta la revoca in caso di condanne definitive per reati di terrorismo o appartenenza ad associazioni sovversive. «Grandissima preoccupazione» per un provvedimento «che rischia di portare più insicurezza, più clandestinità» è stata espressa dal segretario Pd, Maurizio Martina. Ma la Lega affila le armi: non mancheranno in Parlamento gli scontri con i M5S più vicini al presidente della Camera, Roberto Fico, ma sono probabili anche emendamenti per rendere il decreto ancora più drastico.