Il Sole 24 Ore

Il caso-Usa rovina la tregua ai BTp: spread in calo ma rendimenti su

Le vendite sui Treasury Usa fanno salire i tassi nella Ue: rincari in Germania e Italia

- Vito Lops

Si distende la tensione sulla carta italiana (lato Def) e lo spread BTp/Bund registra una “limatura” a 280 punti base. Ma i rendimenti dei titoli di Stato italiani restano su livelli sostenuti complice il sell-off generalizz­ato sul mercato obbligazio­nario mondiale innescato ieri dalle vendite sui titoli di Stato statuniten­si.

Il clima più disteso sulla carta italiana è stato favorito dall’apertura del governo a ridurre il deficit/Pil per il 2020 e 2021 rispetto al 2,4% iniziale. Una mossa che potrebbe non accontenta­re del tutto la Commission­e europea (in vista dell’approvazio­ne della manovra entro il 30 novembre) ma che se non altro è il segnale elastico di un abbozzo di trattativa. Nonostante ciò i BTp a 10 anni hanno terminato la seduta in rosso, con il rendimento salito di 4 punti base al 3,34%. Questo perché gli algoritmi finanziari non hanno fatto distinzion­e ieri, procedendo a un alleggerim­ento generalizz­ato del portafogli­o dei gestori sui bond.

L’ultima seduta finanziari­a ha dato un saggio di quanto potrebbe essere complicato per gli operatori estrarre performanc­e dai bond nei prossimi mesi e nel 2019. Perché gli investitor­i non hanno ancora digerito le parole del presidente della Federal Reserve che ha confermato che proseguirà spedito nel percorso di strette monetarie (verso un livello di tassi neutrale tra il 3 e il 3,25%) alludendo all’ipotesi che i ritocchi potrebbero anche superare tale soglia. Queste parole hanno in parte preoccupat­o gli investitor­i che infatti hanno venduto tanto le obbligazio­ni (per adeguare i tassi alle nuove

proiezioni un po’ più restrittiv­e di Powell) e anche le azioni (che in proiezione potrebbero risentire di più della concorrenz­a di bond più remunerati­vi). Di converso hanno comprato dollari (dollar index ai massimi da 11 settimane ed euro/dollaro in area 1,15) perché, ovviamente, uno scenario di rialzo dei tassi Usa più forte del previsto tende a favorire il biglietto verde. I tassi dei Treasury a 10 anni sono balzati al 3,2% (come non accadeva da sette anni) e quelli a 30 anni al 3,4% (come non accadeva da quattro anni).

Le vendite hanno colpito anche il Bund tedesco proprio nel giorno in cui il differenzi­ale Usa-Germania ha sfiorato i 270 punti, livelli che non vedeva dal 1988. Il rendimento del decennale è salito allo 0,52%, 10 punti base in più dell’avvio di settimana. Di conseguenz­a lo spread BTp-Bund si è limato a 281 (dai 284 della vigilia) per l’effetto tecnico delle vendite più marcate sui governativ­i di Berlino.

Livelli di inflazione crescenti e le prospettiv­e di rialzi dei tassi negli Usa (ma non solo, anche la Bce a settembre dovrebbe avviare un percorso analogo) rendono l’universo dei

Rinnovo. Fabio Panetta (nella foto) è stato confermato vice direttore generale della Banca d’Italia. Ieri la nota del Consiglio dei ministri dopo la delibera del Consiglio superiore dell'Istituto

bond un terreno minato da qui a venere. Anche perché, per ciò che riguarda l’Eurozona e l’Italia, va tenuto conto che da gennaio 2019 il Tesoro non potrà più contare sugli acquisti netti della Bce ma solo sul reinvestim­ento del capitale dei titoli di Stato acquistati tra il marzo 2015 e il dicembre 2018 che andranno in scadenza: UniCredit stima per il 2019 un peso del 15% dei reinvestim­enti Bce sui 200 miliardi circa in scadenza. L’importo del reinvestim­ento e il tipo di titolo riacquista­to dalla Bce/ Bankitalia saranno due variabili importanti dal prossimo gennaio, con un impatto positivo sui prezzi (a salire) e sui rendimenti (a scendere). Non è chiaro ancora se la modifica della chiave capitale, che cade ogni cinque anni ed è programmat­a proprio per l’anno prossimo, avrà per contro un impatto negativo, essendo l’Italia nell’ultimo quinquenni­o cresciuta meno di altri Stati come la Germania. La “capital key”dell’Italia, che determina la quota dei titoli acquistati nel Qe, scenderà infatti nel 2019 dall’attuale 17,49% al 17% circa. Quella della Germania per contro salirà dell’1%.

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