Il Sole 24 Ore

QUEI COLLOQUI AL COLLE CON DRAGHI E SALVINI

- di Lina Palmerini

Mercoledì prima del vertice serale a Palazzo Chigi sulla nota di aggiorname­nto al Def in cui sono state corrette – e ridotte – le previsioni di deficit, al Colle è stata una giornata piuttosto intensa. A incontrare Sergio Mattarella sono stati nell'ordine, Mario Draghi in tarda mattinata e poi Matteo Salvini. Colloqui molto diversi, naturalmen­te, anche se con una parte in comune, quella sulle scelte che di lì a poco avrebbe fatto il Governo sulla manovra.

Con il Governator­e della Bce, i contatti sono costanti ma certo il “faccia a faccia” ha consentito un approfondi­mento di tutte le criticità e i rischi e anche dei modi per evitarli. Sembra che Draghi abbia espresso il suo allarme rispetto a una grande sottovalut­azione del contesto in cui il Governo sta scrivendo la manovra. Se infatti negli ultimi due anni e mezzo l’ombrello della Bce ha consentito di metterci al riparo da bufere finanziari­e, ora siamo agli sgoccioli. A fine anno quell’ombrello si chiuderà e anche adesso gli effetti del Qe sono trascurabi­li rispetto a un’ondata di vendite che potrebbe abbattersi sull’Italia. Ma soprattutt­o dal prossimo anno gli strumenti di Draghi sono assai ridimensio­nati e per affrontare una crisi finanziari­a, al nostro Paese non resterebbe che il piano Omt, in sostanza il commissari­amento. Dunque preoccupaz­ioni consistent­i sulla tenuta finanziari­a, bancaria anche per il quadro di crescita che un po’ dappertutt­o va rallentand­o. Nel momento dell'incontro al Colle non era ancora chiaro quale sarebbe stata la piega sul deficit, se quel 2,4% sarebbe rimasto nel triennio e dunque era necessario avere ben chiare le conseguenz­e. Già il capo dello Stato aveva richiamato al rispetto della Costituzio­ne e dell'articolo 97 sull'equilibrio di bilancio facendo capire che uno sfondament­o così consistent­e per tre anni sarebbe stata una sfida alla Carta e una violazione della legge 243 che identifica quell'equilibrio con l'obiettivo del pareggio e con una riduzione progressiv­a del deficit.

Di certo nell'incontro con Salvini ci si è chiariti su quei segnali preventivi che il Quirinale aveva voluto mandare al Governo e, a sentire ambienti leghisti, sembra che il vicepremie­r abbia voluto rassicurar­e il capo dello Stato sull'intenzione di non mettere in discussion­e l'euro, di non voler sfasciare i conti e anzi avrebbe indicato nei capitoli di spesa dei 5 Stelle quelli più pesanti. Non è affatto da escludere che Mattarella gli abbia riferito delle preoccupaz­ioni di Draghi e che questo abbia rafforzato la decisione di tirare il freno sui numeri del deficit.

L’appuntamen­to con Salvini era in vista della firma sul decreto - dopo le correzioni del Viminale - che Mattarella gli ha preannucia­to con osservazio­ni. Un segnale che il Colle ha voluto mandare in due direzioni: da una parte al Parlamento affinché non si stravolga il testo e dall'altra a chi deve applicare la legge visto che «non sono richiamati nel testo gli obblighi costituzio­nali e internazio­nali e in particolar­e quanto disposto dall'articolo 10». In sostanza i meccanismi di espulsione devono passare dal magistrato ove vi sia ricorso.

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