QUEI COLLOQUI AL COLLE CON DRAGHI E SALVINI
Mercoledì prima del vertice serale a Palazzo Chigi sulla nota di aggiornamento al Def in cui sono state corrette – e ridotte – le previsioni di deficit, al Colle è stata una giornata piuttosto intensa. A incontrare Sergio Mattarella sono stati nell'ordine, Mario Draghi in tarda mattinata e poi Matteo Salvini. Colloqui molto diversi, naturalmente, anche se con una parte in comune, quella sulle scelte che di lì a poco avrebbe fatto il Governo sulla manovra.
Con il Governatore della Bce, i contatti sono costanti ma certo il “faccia a faccia” ha consentito un approfondimento di tutte le criticità e i rischi e anche dei modi per evitarli. Sembra che Draghi abbia espresso il suo allarme rispetto a una grande sottovalutazione del contesto in cui il Governo sta scrivendo la manovra. Se infatti negli ultimi due anni e mezzo l’ombrello della Bce ha consentito di metterci al riparo da bufere finanziarie, ora siamo agli sgoccioli. A fine anno quell’ombrello si chiuderà e anche adesso gli effetti del Qe sono trascurabili rispetto a un’ondata di vendite che potrebbe abbattersi sull’Italia. Ma soprattutto dal prossimo anno gli strumenti di Draghi sono assai ridimensionati e per affrontare una crisi finanziaria, al nostro Paese non resterebbe che il piano Omt, in sostanza il commissariamento. Dunque preoccupazioni consistenti sulla tenuta finanziaria, bancaria anche per il quadro di crescita che un po’ dappertutto va rallentando. Nel momento dell'incontro al Colle non era ancora chiaro quale sarebbe stata la piega sul deficit, se quel 2,4% sarebbe rimasto nel triennio e dunque era necessario avere ben chiare le conseguenze. Già il capo dello Stato aveva richiamato al rispetto della Costituzione e dell'articolo 97 sull'equilibrio di bilancio facendo capire che uno sfondamento così consistente per tre anni sarebbe stata una sfida alla Carta e una violazione della legge 243 che identifica quell'equilibrio con l'obiettivo del pareggio e con una riduzione progressiva del deficit.
Di certo nell'incontro con Salvini ci si è chiariti su quei segnali preventivi che il Quirinale aveva voluto mandare al Governo e, a sentire ambienti leghisti, sembra che il vicepremier abbia voluto rassicurare il capo dello Stato sull'intenzione di non mettere in discussione l'euro, di non voler sfasciare i conti e anzi avrebbe indicato nei capitoli di spesa dei 5 Stelle quelli più pesanti. Non è affatto da escludere che Mattarella gli abbia riferito delle preoccupazioni di Draghi e che questo abbia rafforzato la decisione di tirare il freno sui numeri del deficit.
L’appuntamento con Salvini era in vista della firma sul decreto - dopo le correzioni del Viminale - che Mattarella gli ha preannuciato con osservazioni. Un segnale che il Colle ha voluto mandare in due direzioni: da una parte al Parlamento affinché non si stravolga il testo e dall'altra a chi deve applicare la legge visto che «non sono richiamati nel testo gli obblighi costituzionali e internazionali e in particolare quanto disposto dall'articolo 10». In sostanza i meccanismi di espulsione devono passare dal magistrato ove vi sia ricorso.