Cdp, Palermo vara i primi incarichi: Calcagnini sarà cfo
Dal cda via libera alla nomina del ceo anche a dg Pattofatto lascia il gruppo
Comincia a prendere forma l’organigramma della Cassa depositi e prestiti del nuovo ad Fabrizio Palermo. Ieri il cda ha infatti delineato i primi incarichi, a partire da quello di direttore finanziario ricoperto finora dallo stesso ceo. La logica sottesa è la valorizzazione delle risorse interne, un caposaldo della strategia di Palermo. Così a rivestire quel ruolo è stato chiamato Paolo Calcagnini, già responsabile Pianificazione e controllo di gestione. Approdato nel 2015 in Cdp, il nuovo direttore finanziario vanta un solido trascorso bancario e oltre un decennio in McKinsey come consulente strategico. In Cassa, ha lavorato in stretta sinergia con Palermo ed è stato responsabile dell’elaborazione delle strategie, del monitoraggio del piano industriale, della definizione del budget e dell’andamento economico, finanziario e patrimoniale, oltre a coordinare all’interno dell’area del cfo tutte le attività straordinarie e i dossier di maggiore rilevanza. Un profondo conoscitore della macchina, insomma, al pari dell’ad, intenzionato a promuovere un altro interno al posto di Calcagnini: in pole position ci sarebbe Lorenzo Iucci, uno dei manager della squadra del neo cfo.
Dal board di ieri, poi, secondo il copione già seguito per il predecessore, è arrivata anche la nomina a direttore generale di Palermo che assumerà altresì l’interim di chief strategic equity officer, l’incarico ricoperto da Leone Pattofatto in uscita dal gruppo a fine ottobre. Il manager lascerà diverse caselle vuote essendo anche presidente di Cdp Equity, l’ex Fondo Strategico, al quale fanno capo, tra l’altro, le partecipazioni in Saipem - di cui è consigliere -, Ansaldo Energia e Open Fiber, e ad di Cdp Reti, da cui ieri si è dimesso, che ha in pancia le quote in Snam (30,3%), Italgas (26,04%) e Terna (29,8%), oltre che vicepresidente del Fondo Italiano d’Investimento Sgr.
Tutte tessere del mosaico di Cassa su cui è in corso una riflessione profonda in vista del nuovo piano industriale. Al momento, va precisato, nessuna decisione è stata presa, ma che sia necessaria una razionalizzazione è evidente non foss’altro per il numero di partecipazioni riconducibili a Cdp: dieci in aziende quotate, tredici nelle non quotate, ma soprattutto quasi 30 in fondi di investimento, solo per citarne alcune. Un vero dedalo, dunque, in cui Palermo vuole mettere ordine anche perché, dal 2011, si è assistito a una stratificazione di operazioni, non sempre strategiche, che ha portato la Cassa ad accumulare partecipazioni industriali e nelle reti, ma anche interventi a sostegno di campioni nazionali. Il lavoro è ancora all’inizio ma l’ad, da uomo pragmatico qual è, vuole procedere a una rivisitazione per efficientare la gestione.
Altra partita, invece, è quella che deciderà di giocare il ministero dell’Economia sulle sue partecipazioni. Il governo Renzi, come noto, aveva predisposto un progetto, denominato Capricorn, per trasferire alla Cassa, tramite aumento di capitale, alcune quote strategiche del Mef, come Enel, Eni, Poste (di cui Cdp possiede già un 35%) e Leonardo, e ottenere così maggiori margini di manovra con l’Europa. Ma quel piano è rimasto per ora nel cassetto. Il bandolo di questa matassa, quindi, non è nelle mani di Cdp ma in quelle di Via XX Settembre, impegnata però al momento su altri fronti.