«Un pregiudizio dietro la nuova class action»
Netta contrarietà. Tanto più significativa perché arriva da un territorio patria della “storica” Lega Nord e ad alta concentrazione di piccole imprese. È quella che arriva al disegno di legge sulla riforma della class action approvata dalla Camera mercoledì, e ora all’esame del Senato, dal presidente di Unindustria Varese Riccardo Comerio.
La class action sinora è stata assolutamente poco utilizzata. Ritiene che una riforma fosse necessaria? Credo siano altre le priorità, proprio a fronte dello scarso ricorso e dello scarso utilizzo, il tentativo di approvare una nuova normativa così punitiva per le imprese ha più il sapore ideologico dettato da una cultura anti-industriale. Intendiamoci: la difesa dei consumatori è un diritto sacrosanto e ogni politica che tuteli la legalità è un interesse preciso di qualsiasi azienda onesta che, in quanto tale, può rimanere competitiva solo in un mercato con regole chiare fatte rispettare da tutti. Ma anche l’esercizio della libera iniziativa d’impresa è un diritto e non una colpa da punire prescindere.
Si estende l’area delle imprese coinvolte e dei diritti che potranno essere fatti valere. Con quali complicazioni per le imprese?
La prima complicazione è la mancanza di certezze. Non si capisce quali siano i confini del rischio e non si comprende nemmeno se si vogliono mettere dei veri limiti. Diciamo da anni, e a parole tutte le forze politiche sembrano acconsentire, che una delle riforme necessarie al Paese sia quella di rendere più facile e meno burocratica la vita delle imprese. Qui siamo nel versante opposto. Rischiamo di fare dieci passi indietro. Senza certezze, le imprese non investono e se non investono non c’è crescita. Si rischia un cortocircuito, una vera e propria paralisi della fiducia e, dunque, di qualsiasi capacità di programmazione.
Si permette un ingresso nella classe anche dopo il giudizio di merito. Questo però rischia di aumentare i costi e rendere impossibili le transazioni. Cosa ne pensa?
Beh, qui siamo veramente all’assurdo. Mi sembra quasi imbarazzante commentare quanto una tale disposizione possa danneggiare non tanto e non solo le imprese, ma anche l’economia e il mercato. Non mi risulta che nessuna legislazione, nemmeno nei Paesi anglosassoni, patria delle class action, si arrivi a tanto. Perché dovrebbe farlo l’Italia? A quale emergenza dobbiamo far fronte con una tale normativa? Non si capisce. Qui emerge tutto il pregiudizio nei confronti delle imprese e l’intento punitivo della riforma. La cancellazione della retroattività nel passaggio del testo dalla Camera al Senato è stata una buona notizia, ma finché rimane questo aspetto la preoccupazione rimarrà più che alta.
A fare da volano sulle spese c’è anche il meccanismo di remunerazione di avvocati e rappresentanti della classe. Troppo penalizzante anche perché potrebbe incentivare azioni pretestuose?
Più che altro potrebbe incentivare la nascita di veri e propri protagonisti del contenzioso da cui le imprese dovranno guardarsi le spalle ogni giorno. Come se la giustizia civile italiana potesse permettersi un tale scenario. Pensiamo solo a quale impatto ciò potrebbe avere soprattutto su quel tessuto di piccole e medie imprese che, per esempio in provincia di Varese, rappresentano il 90% del tessuto imprenditoriale. Dove può trovare un simile sistema produttivo fatto di Pmi le risorse per far fronte a un potenziale tsunami di cause?
RICCARDO COMERIO Presidente di Unindustria
Varese