Helsinki batte il Guggenheim
Nella capitale ha visto la luce «Amos Rex», museo con expertise tutta finlandese dopo il rifiuto di sostenere i costi per accogliere l’ennesimo brand Usa
Con l’apertura del nuovo museo Amos Rex nel cuore della città, Helsinki ha celebrato l’apice di un’estate insolitamente “tropicale”,che
ha offerto ai tanti visitatori attratti
dalle sue bellezze paesaggistiche l’esperienza inattesa di una vita di strada quasi mediterranea.
Situato al termine della trafficata Mannerheimintie - la grande arteria che collega il cuore di Helsinki con l’entroterra - il nuovo museo ha in realtà alle spalle una storia lunga e complessa, sintetizzata proprio dal suo nome: Amos Rex. All’origine uno storico museo - l’Amos Anderson - dal nome del suo fondatore che aveva trasformato il palazzo che si era fatto costruire nel 1913 in stile liberty-finlandese in uno strano connubio tra luogo di lavoro (Anderson era il proprietario del più importante quotidiano di lingua svedese) e rifugio per le sue passioni di collezionista d’arte.
Aperto al pubblico nel 1965 come vera e propria casa-museo, l’Amos Anderson ha resistito a lungo all’as
salto delle trasformazioni del mondo
dell’arte e alla fine si è dovuto arrende
re all’idea di una radicale trasforma
zione. La cosa singolare è però che invece di trasformarsi nell’ennesima struttura block-buster , il vecchio museo è stato, per così dire, rifuso in un’altra struttura storica del paesaggio cittadino: il palazzo di cristallo - il Lasipalatsi - una delicata ed esile farfalla di vetro, costruito nel 1935 da tre studenti di architettura, per fornire di un padiglione temporaneo i Giochi Olimpici del 1940. La guerra sospese i
Giochi, ma nel frattempo il palazzo di
cristallo (che comprendeva ristoranti, bar e un cinema al piano superiore) era diventato parte dello scenario cittadino, offrendosi come piacevole ed arioso belvedere .Tra le altre attrattive del Lasipalatsi, il cinema più amato dagli abitanti della capitale, il Rex.
Amos Rex dunque è la felice congiunzione tra il passato remoto dell’architettura nazionale e il passato prossimo della stagione razionalista, particolarmente importante per la Finlandia perché ad essa si collega il grande architetto e designer Alvar Aalto che del Paese baltico ancora oggi rappresenta l’icona più duratura e attraente.
Ma dietro l’Amos Rex c’è anche un’altra storia che vale la pena di raccontare. Nel 2013 il Guggenheim di New York avanzò la proposta di costruire un altro dei suoi avamposti di successo nel mondo, sulla scia del famoso museo di Bilbao. Si scelse un luogo poco distante, sulla baia, e si bandì un concorso con più di mille partecipanti. Ma il dono americano fu visto con sospetto e diffidenza dai finlandesi , che scesero anche in piazza in una vera e propria guerriglia culturale. Al grido di “Finlandia first”, architetti, politici, intellettuali respinsero la mela avvelenata, sottolineandone il presupposto colonizzatore e l’incongruenza economica, che avrebbe lasciato a Helsinki la maggior parte dei costi per promuovere l’ennesimo brand statunitense. Così si fece avanti l’Amos Anderson con l’idea di fondare una nuova sede utilizzando l’esistente
landmark degli anni Trenta: un prodotto tutto finlandese, compresi gli architetti dello studio locale JKMM incaricati di presiedere all’innesto.
Ne è venuta fuori una strana pianta: metà antica, metà nuova, che ha tutte le carte in regola per occupare il centro della scena artistica europea, aggiungendo alle tante novità della capitale un fulcro di grande attrazione. Lo si è visto subito, già nella settimana prima dell’inaugurazione quando le immagini dell’esterno del museo hanno conquistato il primo posto nella bacheca Instagram di tutti i social.
Non potendo stravolgere il Palazzo di cristallo – classificato nella lista dei monumenti moderni – i giovani architetti di JKMM hanno infatti avuto la brillante idea di realizzare i nuovi spazi al di sotto dell’edificio esistente che viene così usato come ingresso, hall e bookshop. I 2000 mq di sale espositive sono infatti sottoterra, in corrispondenza del piazzale degli autobus che stava alle spalle del Lasipalasti: per portare luce negli spazi ipogei, gli architetti hanno creato delle bolle di cemento perforate da grandi aperture ad oblò, che consentono dal di sopra di sbirciare le sale e da sotto di orientarsi aprendo la visuale dei sotterranei alle emergenze esterne della piazza.
Un museo double face insomma, che ha ridisegnato l’intero paesaggio dell’area, aumentando lo spazio pubblico con una strizzata d’occhio a quell’entertainment che si richiede oggi a ogni istituzione collettiva. Secondo la definizione del curatore, Kai Kartio, si tratta di una struttura interattiva e narrativa, capace di favorire un’esperienza di condivisione. Per sfidare appropriatamente il futuro dovevamo fare qualcosa di diverso e allo stesso tempo di radicato nel luogo”.
Frequentata a tutte le ore del giorno, la piazza delle colline è una buona dimostrazione del successo dell’operazione: i ragazzi con gli skate, i bambini che si arrampicano, persino i padri che tentano la scalata con il carrozzino, sono il popolo dei selfie’s che sta riempiendo i social dell’intera città. Non meno attrattiva la mostra che apre la stagione: una serie di installazioni multimediali e interattive - Masslessdel gruppo giapponese TeamLab, dove pavimenti, pareti e le volte del soffitto sono animati da una fluida successione di immagini in movimento che costituiscono l’equivalente immateriale della piazza soprastante.
Dall’altra parte della strada, alle spalle del nuovo Teatro della Musica , fervono i lavori per l’apertura a dicembre ( forse vi si farà la festa di fine anno)di un’altra architettura che farà parlare: la nuova Biblioteca centrale Oodi dello studio Ala, tre piani sospesi sull’acqua con il livello più alto destinato alla sala lettura interamente vetrato, come la vela di una nave. Appeno aperto invece il Löyly Design Sauna, un’oasi urbana galleggiante sull’acqua: una piattaforma a gradini e terrazze come una scogliera di legno, dove si pratica il rituale più sacro di un finlandese, la sauna, utilizzano poi l’acqua marina della piscina all’aperto. Perché il detto latino, mens
sana in corpore sano, da queste parti è preso molto sul serio.