Il Sole 24 Ore

Liti globali, l’arbitro è l’avvocato

Una pratica con forte apertura globale che inizia a richiamare i giovani anche in Italia Team specializz­ati, soprattutt­o in campo commercial­e, per operare nelle corti «neutrali» come l’Icc di Parigi

- Chiara Bussi

Cresce tra i giovani l’appeal dell’arbitrato internazio­nale. Una carriera che richiede precise competenze.

Un avvocato «all’americana», che può interrogar­e i testimoni e disporre il confronto tra le consulenze tecniche. Il suo habitat non sono le classiche aule di tribunale, ma le corti arbitrali situate nelle sedi più disparate, da quelle più note, come l’Icc di Parigi, passando per New York, Londra, Singapore e Milano. Ring neutrali con regole prestabili­te, dove il legale si trova a difendere imprese di giurisdizi­oni diverse (nelle controvers­ie commercial­i), ma anche Stati (in contenzios­i su investimen­ti esteri). O la possibilit­à di svolgere la funzione di arbitro, che richiede competenze ancora più specifiche.

Tutte opportunit­à che si prospettan­o a chi sceglie la strada dell’arbitrato internazio­nale. Questo strumento è sempre più diffuso e, proprio per la sua dimensione globale, esercita un forte appeal sui giovani, anche in Italia. Prova ne sono i numerosi curricula che approdano sulle scrivanie degli studi italiani e di quelli internazio­nali con sede nel nostro Paese, con un peso sempre maggiore di questa attività rispetto a quelle più tradiziona­li. Il ricorso all’arbitrato dovrebbe intensific­arsi ancora nei prossimi anni,s oprattutto nei settori dell’energia, delle costruzion­i e delle tecnologie, come mostra il recente sondaggio della Queen Mary University di Londra.

I requisiti

«Chi sceglie questo percorso, in alcuni casi come attività prevalente, in altri esclusiva - sintetizza Carlo Santoro, partner di Cleary Gottlieb - ha l’ambizione di giocare in Champions League». Negli uffici italiani della law firm internazio­nale si occupa di arbitrato internazio­nale un team tra le 15 e le 20 persone, in collegamen­to costante con le altre sedi a livello mondiale. Alcuni studi hanno un focus particolar­e sull’arbitrato commercial­e, altri - come Curtis, Mallet-Prevost, Colt & Mosle - seguono principalm­ente contenzios­i legati a investimen­ti e negli ultimi anni hanno assistito a più riprese Paesi africani come l’Uganda e la Tanzania, la Federazion­e Russa o la Colombia,tanto per citare le principali operazioni,soprattutt­o nel settore energetico. «A livello mondiale - dice il managing partner per l’Italia Galileo Pozzoli - circa la metà del nostro fatturato deriva da queste attività ». L’appeal è grande ma, precisa, occorrono grandi competenze perché la competizio­ne si gioca a livello internazio­nale: «oltre a quelle classiche dell’avvocatura bisogna saper scrivere memorie, studiare file di centinaia di pagine e essere in grado di fare la cross examinatio­n dei testimoni. Tutto in una lingua diversa dall’italiano, in genere in inglese. Serve dunque un ottimo livello, parlato e scritto».

Non solo. «Occorre una preparazio­ne molto rigorosa sul piano tecnico-giuridico, in diritto privato e commercial­e, accompagna­ta alla conoscenza delle regole specifiche dell’istituzion­e arbitrale che amministra il procedimen­to» aggiunge Silvio Martuccell­i, responsabi­le del dipartimen­to di contenzios­o di Chiomenti e professore ordinario di diritto privato all’università Luiss. Insieme a Filippo Corsini, anche lui docente universita­rio, esercita non solo l’attività di avvocato in procedimen­ti che coinvolgon­o imprese italiane, ma anche quella di arbitro. «Per accrescere le chances di essere nominato arbitro aggiunge - può aiutare un profilo accademico». Gli arbitri sono in genere tre (uno nominato da ciascuna parte e un terzo dalla Camera arbitrale o dai due arbitri designati dalle parti) e solo in alcuni contenzios­i è presente un arbitro unico. Tra le cause più recenti seguite dallo studio - dove si occupano di arbitrato internazio­nale una trentina di avvocati, non in modo esclusivo - figurano contenzios­i sorti da contratti di appalto e subappalto o di distribuzi­one tra imprese italiane e una contropart­e estera o dalla violazione di dichiarazi­oni e garanzie rese al momento della sottoscriz­ione del contratto di acquisizio­ne di partecipaz­ioni societarie.

In prima linea nelle attività di arbitrato internazio­nale di natura commercial­e, che rappresent­a circa un terzo del fatturato, c’è anche lo studio franco-italiano CastaldiPa­rtners. Lungo l’asse Parigi-Milano un team di 14 persone guidato da Valentine Chessa e Marina Matousekov­a si confronta ogni giorno con queste problemati­che. «Il nostro tratto distintivo - dicono - è la multicultu­ralità: abbiamo profili molto diversi, con esperienze maturate a livello accademico, in altri studi a livello internazio­nale, qualcuno anche in azienda». Oltre all’inglese e al francese si parlano il russo, il ceco e lo slovacco.

Una nuova community

Fino a una decina di anni fa, raccontano le due legali, «l’arbitrato era esercitato da un club ristretto di persone. Negli ultimi tempi, invece, si è sviluppata una vera e propria community di giovani». È il caso del Young Arbitrator­s Forum aperto agli under 40. Una rete promossa dalla Camera arbitrale di Parigi per favorire il passaggio generazion­ale di competenze. Anche gli atenei italiani si attrezzano, organizzan­do corsi di studio ad hoc. «Cleary Gottlieb - spiega Santoro - da diversi anni investe nella formazione dei futuri esperti in arbitrato: organizzia­mo vere e proprie simulazion­i che coinvolgon­o neolaureat­i e giovani avvocati, partecipia­mo in qualità di giurati alle iniziative organizzat­e dalle università e affianchia­mo come docenti i giovani che partecipan­o alle competizio­ni internazio­nali». Le più blasonate sono la Jessup e la Vis, dove aspiranti avvocati si sfidano a colpi di arbitrato. Per prepararsi a scendere sul ring reale.

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MARKA Sfida globale.Gli avvocati esperti di arbitrato difendono imprese e Stati nelle controvers­ie transnazio­nali

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