Il Sole 24 Ore

Chi «bara» rischia fino a 5 (o 7) anni

- Selene Pascasi

Fare carte false per truffare lo Stato è reato ma se lo scopo è intascare il reddito di cittadinan­za – in partenza nel 2019 – si rischieran­no fino a sei anni di galera. Almeno in base a quanto ha affermato, in un question time al Senato, il vicepremie­r Luigi Di Maio. L’intento? Far sì che del futuro reddito di cittadinan­za fruiscano solo gli onesti.

Ma in base alla normativa attualment­e in vigore e all’interpreta­zione che ne danno i giudici, le sanzioni per chi «bara» sulle condizioni personali o di reddito per avere benefici assistenzi­ali e lo fa con «artifizi o raggiri», consistono nella reclusione da sei mesi a tre anni e nella multa tra 51 e 1.032 euro. Se il danneggiat­o è lo Stato o un ente pubblico la pena sale però da uno a cinque anni di carcere e multa da 309 a 1.549 euro (articolo 640 del Codice penale).

I giudici valutano inoltre le circostanz­e in cui si verificano le truffe: il Tribunale di Nocera Inferiore ha inflitto a vari imputati colpevoli di aver fatto risultare all’Inps cessazione di rapporti di lavoro fittizi, per farsi pagare le indennità di disoccupaz­ione, pene di circa quattro mesi di reclusione e 40 euro di multa (sentenze 820, 963, 965, 1065, 1111, 1115/2018). Il Tribunale non ha infatti applicato le sanzioni più pesanti (carcere fino a 7 anni) previste dall’articolo 640 bis per le truffe finalizzat­e a ottenere contributi pubbli ci a sostegno dell'economia e delle attività produttive. Il Tribunale di Trento ha invece punito con otto mesi di carcere le assenze dal lavoro coperte da certificat­i medici fasulli (sentenza 397/2017).

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