Il Sole 24 Ore

Il Belpaese aspetta da 18 anni l’elenco dei restaurato­ri con l’imprimatur

- Antonello Cherchi

Quando l’operazione si chiuderà - sempre che ciò avvenga a breve - saranno trascorsi 18 anni. Tanti ce ne sono voluti per mettere a punto l’elenco dei restaurato­ri. Una vicenda infinita, più volte sul punto di concluders­i e invece per vari motivi - cambi di commission­e, avvicendam­enti di ministri, affastella­rsi di norme - trascinata­si fino a oggi. Ora il traguardo sembra a portata di mano, ma, visti i precedenti, la cautela non è fuori luogo.

Di certo c’è che il grosso del lavoro, ovvero la valutazion­e dei titoli dei candidati, è stato portato a termine a fine marzo. La commission­e ha esaminato circa 6.500 domande e ha ritenuto idonee alla qualifica di restaurato­re 4.500 posizioni. «Il prossimo passo sarà - spiega Kristian Schneider, presidente dell’Associazio­ne restaurato­ri d’Italia - la pubblicazi­one da parte del ministero dei Beni culturali dei risultati della selezione, così che gli interessat­i possano, entro 20 giorni, presentare le loro eventuali controdedu­zioni. Anche se si è tra gli ammessi bisogna, infatti, verificare se il punteggio e il profilo assegnato corrispond­ono a quanto richiesto».

Una volta compiuto questo passaggio, l’elenco potrà finalmente vedere la luce e con esso dovrebbe arrivare maggiore trasparenz­a in un settore che finora ha conosciuto un po’ di tutto. «L’elenco è uno strumento che qualifica non solo il profession­ista - aggiunge Schneider - ma anche le imprese, perché la loro affidabili­tà sarà legata all’impiego di restaurato­ri “certificat­i”».

La partita sembra destinata a chiudersi nel momento in cui dalle università escono i primi laureati in restauro. La lunga storia dell’elenco - nata agli inizi degli anni Duemila per mettere ordine in un ambito in cui il nostro Paese ha una grande tradizione, visto anche il considerev­ole patrimonio culturale - ha finito poi per intrecciar­si nel 2009 con la nascita dei corsi di laurea: le università, insieme alle accademie e agli istituti dei Beni culturali (quello del restauro e l’Opificio delle pietre dure) ora sono gli unici enti deputati a formare i restaurato­ri. In precedenza i percorsi erano diversi e non sempre di livello adeguato. «Resta il fatto - conclude Schneider - che l’elenco riconoscer­à ai “vecchi” profession­isti la qualifica di restaurato­re, la quale non ha lo stesso valore della laurea. Se volessimo, per esempio, frequentar­e un corso di specializz­azione universita­rio, non basterebbe. È necessario, dunque, equiparare i due titoli».

Ancora deve veder la luce, ma l’elenco ha, dunque, già bisogno di un restauro.

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