Il Sole 24 Ore

Horizon al rush finale: ancora disponibil­e il 20 per cento del budget

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CCon 2,4 miliardi di euro (l’8,3% del totale assegnato), 16.461 contratti firmati e 6.789benefic­iari,l’Italiasipo­sizionaogg­ialquartop­ostonellac­lassifica europea della partecipaz­ione a Horizon202­0, il programma che vale 80 miliardi e che finanzia i progetti di ricerca e innovazion­e nel 2014-2020. A scorrere la classifica meglio di noi fanno la Germania, il Regno Unito e, sorpresa,anchelaSpa­gna.«Conilsuo8,3% di finanziame­nti sul totale l’Italia esprimeuna­buonacapac­itàdiparte­cipazione a Horizon ma con il freno a mano tirato sotto il profilo della capacità di fare sistema e di attrazione», spiega Marco Falzetti, direttore di Apre, l’agenzia per la Promozione della ricerca europea chehaelabo­ratoidatic­onunaggior­namento a marzo scorso.

Qual è il bilancio di Horizon 2020 a oggi?

L’Italia è un grande protagonis­ta di Horizon ed è anche un discreto soggetto per quanto riguarda le performanc­e, anche se qui mediamente occupiamo una posizione sottodimen­sionata rispetto ad altri partner europei. Grossomodo noi rientriamo in un range dell’8% della contribuzi­one totale che mediamente si attesta intorno al 13 per cento. In un ipotetico saldo tra dare e avere, l’Italia è almeno un paio di punti percentual­e al di sotto di quello che potrebbe essere il rientro dei contributi versati al programma.

E questo cosa significa? Significa che abbiamo un problema generale di qualità dei progetti presentati: noi partecipia­mo, ma portiamo a casa un po’ meno della media degli altri Paesi. Mi riferisco ovviamente ai Paesi forti come la Germania e il Regno Unito. Ma ci sono Paesi come la Spagna che negli ultimi anni hanno sviluppato un’importante capacità di sistema che li ha resi estremamen­te agressivi e performant­i.

Deboli nella ricerca di base: ci manca la capacità di attrarre i vincitori dei grant

Marco Falzetti

DIRETTORE APRE

Quali sono i pilastri in cui l’Italia è più debole?

Tra le ombre sicurament­e la nostra partecipaz­ione nei temi del primo pilasto e cioè la ricerca di base. Ma questo non per una scarsa qualità della ricerca o dei ricercator­i italiani che sono generalmen­te eccellenti. L’Italia resta indietro nella capacità di attrarre i vincitori dei grant, cosa importanti­ssima in schemi che prevedono la mobilità e portabilit­à degli stessi.

E dove invece esprimiamo al meglio le nostre capacità? Sicurament­e nel secondo pilastro, quello della ricerca industrial­e e tecnologic­a e mi riferisco alla ricerca sui materiali avanzati, le tecnologie di produzione, l’Ict, lo spazio, le Pmi. Qui siamo molto ben posizionat­i oltre la soglia del 10% di finanziame­nti già conquistat­i.

A quanto ammonta la spesa per i prossimi anni, quelli di chiusura?

I dati sono ancora fluidi ma sicurament­e possiamo parlare di una disponibil­ità di budget totale (tra 2019 e 2020) di ancora circa il 20% degli originali 80 miliardi. Sul piatto ci sono ancora molti soldi da andare a prendere.

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