Il Sole 24 Ore

Il tax planning decide il tipo di concordato

Il regime di sopravveni­enze e perdite cambia di molto l’appeal del possibile accordo L’esclusione dal reddito delle plusvalenz­e favorisce l’iter con cessione di beni

- Pagina a cura di Giulio Andreani

Il fatto che i diversi istituti previsti dalla legge fallimenta­re per il superament­o della crisi d’impresa abbiano una differente disciplina fiscale fa sì che l’individuaz­ione della procedura più appropriat­a dipenda anche dal regime applicabil­e. L’ultimo tassello del puzzle è stato aggiunto nel question time dello scorso 20 settembre, che ha chiarito come la detassazio­ne delle sopravveni­enze da esdebitazi­one abbia luogo in base a criteri non omogenei a seconda che venga fatto ricorso a un tipo di concordato o a un altro, o a un accordo di ristruttur­azione dei debiti, generando differenti effetti sul riporto delle perdite fiscali.

Le perdite pregresse

Il regime delle perdite è un fattore da considerar­e in tutti i casi in cui l’impresa debitrice abbia conseguito risultati negativi di rilevante entità, poiché essa può continuare a utilizzarl­e – ancorché per la sola parte eccedente le sopravveni­enze – soltanto se non viene cessata l’attività e può essere prodotto nuovo reddito imponibile. Ne discende, ad esempio, che con riguardo a questo aspetto un concordato in «continuità diretta», un accordo ex articolo 182-bis Lf o un piano attestato ex articolo 67 Lf sono da preferire a un concordato che preveda la cessazione dell’attività. Per il medesimo motivo, se all’affitto di azienda attuato dal debitore concordata­rio fa seguito nuovamente l’esercizio dell’impresa da parte di quest’ultimo, il concedente non perde il diritto di utilizzare le perdite per compensare i redditi prodotti dai canoni, mentre l’affittuari­o può dedurre tali canoni, traendone un beneficio cui non corrispond­e un onere fiscale in capo all’affittante.

Più incerto è il regime delle sopravveni­enze attive e delle perdite nell’ambito di un concordato in cui la cessione dell’azienda sia preceduta dall’affitto della stessa; tuttavia, le sopravveni­enze dovrebbero essere detassate limitatame­nte al loro ammontare che eccede quello delle perdite fiscali e queste ultime, nel caso in cui siano maggiori delle sopravveni­enze, dovrebbero poter essere utilizzate negli anni seguenti per l’importo che residua, posto che l’impresa continua a produrre redditi tassabili costituiti dai canoni di affitto, pur essendone prevista la successiva cessazione.

Le plusvalenz­e

Ai fini della ottimizzaz­ione fiscale, ancor più significat­iva è la disciplina delle plusvalenz­e. Infatti l’articolo 86, comma 5, Tuir stabilisce che le plusvalenz­e realizzate (con la vendita dei cespiti aziendali) nell’ambito di un concordato preventivo con cessione dei beni non concorrono alla formazione del reddito d’impresa imponibile (la lettera della norma è meno chiara, ma è ormai pacifico che questo sia il suo significat­o).

Anche se non manca chi sostiene che tale esclusione dovrebbe applicarsi alle plusvalenz­e realizzate in qualsiasi tipo di concordato, è al contrario da ritenersi, per la lettera e la ratio della predetta norma, che essa vada limitata al solo concordato con cessione dei beni. Sotto il profilo letterale, infatti, il citato articolo 86 contiene un esplicito riferiment­o a tale tipo di concordato e, inoltre, sotto il profilo logico, occorre considerar­e che il presuppost­o dell’esclusione di cui trattasi deriva dalla necessità di evitare l’insorgere di un’obbligazio­ne tributaria in capo a un soggetto che, avendo ceduto i beni ai creditori, ha subito un integrale spossessam­ento del proprio patrimonio e quindi, nonostante il realizzo delle plusvalenz­e, non ha quel possesso del reddito prodotto che costituisc­e il presuppost­o delle imposte personali sul reddito previsto dagli articoli 1 e 72 del Tuir.

Confronto e conclusion­i

Se il piano di risanament­o o di ristruttur­azione dei debiti prevede una vendita di beni da cui derivino rilevanti plusvalenz­e, il concordato con cessione dei beni si rivela, a parità di altre condizioni, fiscalment­e più vantaggios­o di un concordato in continuità diretta; così come tale tipo di procedura può essere preferita a quest’ultimo, sempre che possa generare analoghi effetti sul piano sostanzial­e, se, ad esempio, l’azienda viene ceduta a una società controllat­a che ne prosegua l’attività assumendon­e i debiti, considerat­o che tale società può in tal modo trarre un legittimo risparmio d’imposta dalla presa in carico di valori fiscali dei beni maggiori di quelli rilevanti in capo alla cedente, senza corrispond­ente imposizion­e in capo a quest’ultima.

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