Detassazione piena solo se non prosegue l’attività d’impresa
Il criterio spartiacque si dovrebbe applicare anche nel caso di affitto d’azienda
L’articolo 88, comma 4-ter, Tuir prevede una detassazione piena delle sopravvenienze generate dal concordato liquidatorio e una detassazione limitata di quelle prodotte dal «concordato di risanamento», ma introduce, allo scopo di distinguere l’ampiezza della detassazione, una figura, quella del concordato di risanamento, che non è disciplinata dalla legge fallimentare, la quale contempla invece la figura del concordato «in continuità» (articolo 186-bis), che può essere diretta o indiretta a seconda che l’attività venga proseguita direttamente dall’impresa debitrice ovvero da un soggetto diverso che abbia acquisito l’azienda da quest’ultima.
Con la risposta del 20 settembre scorso il Mef ha precisato che, ai fini fiscali, ciò che rileva è se l’attività continua e se conseguentemente l’impresa può ancora produrre redditi tassabili: se continua, il che accade nel concordato in continuità diretta, le sopravvenienze attive sono detassate limitatamente al loro ammontare che eccede le perdite fiscali di periodo e pregresse, mentre se non prosegue, il che accade nel concordato liquidatorio, le sopravvenienze sono integralmente detassate.
Infatti la ratio dell’articolo 88, comma 4-ter, Tuir è duplice: evitare che l’effetto positivo conseguente alla riduzione dei debiti sia parzialmente vanificato dall’emersione di un debito fiscale, ma anche impedire che, ove prosegua la propria attività, l’impresa concordataria, oltre a fruire delbeneficio della detassazione delle sopravvenienze, possa godere al tempo stesso anche di quello di utilizzare le sue perdite fiscali per compensare redditi futuri. Il regime delle sopravvenienze e l’uso delle perdite pregresse sono quindi strettamente legati.
Alla luce di tale ratio, qualora l’impresa continui direttamente l’attività, occorre limitare la detassazione in presenza di perdite fiscali, di per sé atte a neutralizzare le sopravvenienze, ma non ve n’è alcun bisogno nel caso contrario; in questa circostanza, infatti, anche se conserva le proprie perdite, l’impresa è destinata a non farne uso, perché, non proseguendo l’attività, non ha la possibilità di produrre negli anni successivi redditi suscettibili di essere compensati con tali perdite.
Il Mef non fa cenno, nella sua risposta, all’ipotesi in cui la debitrice affitti la propria azienda a terzi, ma è da ritenersi che anche in tale situazione siano applicabili le predette regole, nonostante tale caso sia generalmente da ricondurre alla forma di concordato in continuità indiretta, con riguardo alla quale le sopravvenienze sono tendenzialmente da detassare integralmente senza riduzione delle perdite fiscali pregresse: anche relativamente a questa fattispecie rileva se vi è, o meno, prosecuzione dell’attività da parte del soggetto che beneficia del concordato e se questi ha quindi la possibilità di produrre redditi futuri.
La risposta del Mef non tocca i criteri di utilizzo delle perdite fiscali pregresse in compensazione con il reddito generato dalle sopravvenienze non detassate; tuttavia la ratio dell’articolo 88 richiamata dal Mef conforta la tesi secondo cui tali perdite devono essere a tal fine impiegate senza la limitazione dell’80% ordinariamente prevista dall’articolo 84 Tuir.