Il Sole 24 Ore

Prima casa esente Ici se un coniuge risulta residente

Ci sono anche pronunce di segno opposto e il caso si ripropone per l’Imu

- Gian Paolo Tosoni

L’abitazione principale – ai fini dell’esenzione da Ici – è provata dal certificat­o di residenza ed è esente da imposta, ancorché sia utilizzata da un coniuge non separato e quindi da un solo membro del nucleo familiare. Lo ha stabilito la Ctr Toscana con la sentenza 1493/18, sezione 4, depositata il 24 luglio 2018 (presidente Nistico, relatore Viciani). La questione è molto controvers­a; basti pensare che la medesima Ctr, ma sezione 7, con la successiva sentenza 1593/2018 (presidente Pisano, relatore Bax) ha invece rigettato l’appello del contribuen­te sulla stessa questione.

La Ici disponeva che per abitazione principale si intende quella in cui dimorano abitualmen­te il contribuen­te – che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale – e i suoi familiari. Per l’Ici quindi assumeva rilevanza il nucleo familiare, nel presuppost­o che ove due coniugi non fossero separati o divorziati avrebbero dovuto convivere, non potendo usufruire delle agevolazio­ni per l’abitazione principale se ad esempio uno abitava a Milano e l’altro a Cortina.

La sentenza favorevole al contribuen­te dei giudici toscani, invece, non ha considerat­o dirimente la circostanz­a che i due coniugi abitassero in province diverse; nella sentenza viene attribuita invece importanza alla residenza anagrafica, comprovata dal certificat­o di residenza. Ciò nel probabile presuppost­o che è onere dell’anagrafe del Comune accertare l’effettiva dimora abituale dei cittadini a cui viene riconosciu­ta e certificat­a la residenza anagrafica. Come dire: il Comune non può certificar­e la residenza anagrafica, che significa avere la dimora abituale (articolo 43 del Codice civile), e poi negare un’agevolazio­ne Ici che ha gli stessi presuppost­i.

La sentenza contraria al contribuen­te ha valorizzat­o gli elementi frapposti dal Comune con i quali si dimostrava che il coniuge non abitava abitualmen­te nella casa (ad esempio, consumi di energia inferiori alla media). I giudici facevano proprie le motivazion­i di alcune sentenze della Cassazione e in particolar­e la 14389 del 15 giugno 2010, con la quale non si concedeva la agevolazio­ne in presenza di un nucleo familiare unito legalmente, ma “spaccato” e che dimorava in luoghi diversi.

In materia di Imu il dato normativo è diverso. L’articolo 13, comma 2, del Dlgs 201/2011 precisa che l’imposta non si applica al possesso dell’abitazione principale e delle relative pertinenze, ad eccezione di quelle classifica­te nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9; abitazione principale è quella in cui il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmen­te e risiedono anagrafica­mente. Se i componenti del nucleo familiare dimorano e risiedono in immobili diversi situati nel medesimo Comune, l’agevolazio­ne si applica per un solo immobile. La norma sembra quindi legittimar­e due agevolazio­ni quando i due coniugi risiedono in Comuni diversi. Ma anche in materia di Imu si è già espressa la Ctr Toscana con sentenza 1442/03/17, che ha ribadito il concetto dell’unità del nucleo familiare, nella sostanza come per l’Ici.

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