Il Sole 24 Ore

Confische: Cassazione più severa della Cedu

Il conflitto riguarda la necessità di condanna penale e la prescrizio­ne

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Dialogo tra corti sì, ma talvolta anche botta e risposta serrato tra Corte europea e giudici interni, con una comunicazi­one che non sempre fila senza ostacoli.

È il caso della disciplina sulla confisca urbanistic­a prevista dal Dpr 380/ 2001 (Testo unico edilizia) che da anni tiene banco e dà vita a un acceso confronto tra Corte europea dei diritti dell’uomo da un lato e Corte costituzio­nale e Cassazione dall’altro.

Il confronto/scontro con Strasburgo sulla confisca ha al centro due aspetti:

 la natura della misura;

 la possibilit­à di disporre la confisca urbanistic­a dei beni oggetto di lottizzazi­one abusiva pur in assenza di una sentenza di condanna.

Sul primo punto, in particolar­e con la pronuncia Varvara contro Italia e prima ancora con le sentenze su Punta Perotti, la Corte europea ha stabilito che la confisca urbanistic­a, in presenza di alcune caratteris­tiche applicativ­e, ha natura penale, respingend­o quindi la tesi della confisca come sanzione di natura amministra­tiva obbligator­ia, indipenden­te dalla condanna penale, affermata dalla Cassazione sin dal 1990. Scardinato questo principio, il confronto tra Corti si è incentrato sulla necessità di una pronuncia di accertamen­to della colpevolez­za per l’applicazio­ne della confisca.

La sentenza Varvara aveva innescato il dibattito tra chi sosteneva che la Corte europea avesse affermato l’impossibil­ità di applicare la confisca urbanistic­a senza una preliminar­e o congiunta decisione di condanna e chi riteneva applicabil­e la confisca in presenza di un accertamen­to senza, però, una sentenza di condanna formale per lottizzazi­one abusiva. La Corte di cassazione aveva sollevato una questione di costituzio­nalità e la Consulta con la sentenza 49/2015, dichiarata l’inammissib­ilità della questione di legittimit­à costituzio­nale dell’articolo 44, comma 2 del Dpr 380/2001 in materia di confisca edilizia e dei presuppost­i per l’applicazio­ne in ipotesi di prescrizio­ne del reato, ha affermato che per i giudici internazio­nali la confisca urbanistic­a può essere disposta anche senza una sentenza formale di condanna essendo sufficient­e un accertamen­to della responsabi­lità nella sostanza. Così, per la Consulta il prosciogli­mento per prescrizio­ne poteva dare vita alla confisca del bene lottizzato.

Un punto di svolta potrebbe arrivare dalla pronuncia Giem e altri contro Italia, depositata dalla Grande Camera, il massimo organo giurisdizi­onale della Corte europea dei diritti dell’uomo, il 28 giugno scorso.

Sulla necessità di una sentenza di condanna penale la sentenza Giem dovrebbe porre fine alle divergenze con le corti italiane. Da un lato, infatti, la Corte europea ha accertato la contrariet­à alla Convenzion­e dei provvedime­nti di confisca malgrado la dichiarazi­one di estinzione del reato di lottizzazi­one abusiva, dall’altro lato, però, ha precisato che per applicare la confisca non è necessaria una sentenza di condanna, aprendo la strada all’applicazio­ne anche in caso di prosciogli­mento dell’imputato dovuto a prescrizio­ne del reato.

La pronuncia potrebbe però anche innescare nuovi ricorsi a Strasburgo per la valutazion­e del requisito di proporzion­alità. Anche perché la Grande Camera ha chiarito che tutte le sentenze della Corte europea sono ugualmente vincolanti. Un messaggio alla Consulta che, con la sentenza 49/2015 aveva invece delimitato l’incidenza delle sentenze della Corte europea sull’ordinament­o interno alle pronunce pilota o a quelle che affermano un principio consolidat­o.

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