Il Sole 24 Ore

Diritti dell’uomo, la Corte ferma 9 liti su 10

Nel 2017 per i giudici di Strasburgo irricevibi­li il 94% delle istanze relative all’Italia: mancanza di sentenza definitiva, superament­o dei termini, infondatez­za della violazione

- Pagina a cura di Marina Castellane­ta

Mancato esauriment­o dei ricorsi interni, violazione dei limiti temporali e assenza della qualità di vittima sono le principali cause in base alle quali la Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2017, ha respinto il 94% dei ricorsi riguardant­i l’Italia, un a percentual­e sostanzial­mente stabile negli anni.

Il sistema previsto dalla Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo (che ha appena celebrato il 65esimo anniversar­io della sua entrata in vigore) permette a ogni individuo leso in un diritto convenzion­ale di agire dinanzi a un organismo giurisdizi­onale internazio­nale ossia la Corte europea dei diritti dell’uomo.

Un sistema che ha permesso di raggiunger­e obiettivi importanti (si veda la scheda a destra) ma che presenta sempre maggiori difficoltà di accesso. Almeno stando ai numeri: nel 2017 ben 70.356 ricorsi sono stati dichiarati inammissib­ili o radiati dal ruolo rispetto ai 36.579 dell’anno precedente, con un incremento del 92%. Un dato, quello relativo alle decisioni di irricevibi­lità, che coinvolge con forza anche l’Italia: su 2.106 i ricorsi riguardant­i Roma presentati nel 2017 ben 1.973 sono stati dichiarati inammissib­ili o cancellati dal ruolo.

Per arginare il flusso di domande sono stati introdotti filtri di ricevibili­tà più severi

Il filtro più severo

L’altissima precentual­e di ricorsi irricevibi­li se dauna parte è un segnale evidente della scarsa conoscenza delle procedure, di una certa superficia­lità nella presentazi­one senza una preliminar­e ed adeguata consideraz­ione circa l’effettiva sussistenz­a della violazione di un diritto convenzion­ale è anche, però, il risultato delle difficoltà di accesso provocate da regole troppo rigide.

Che lo diventano sempre di più perché la Corte, vittima del suo successo, prova ad arginare il flusso innumerevo­le di ricorsi che provengono da persone fisiche e giuridiche in misura crescente. In questa direzione, le modifiche apportate all’articolo 47 del regolament­o della Corte nel 2014 hanno reso più in salita la strada per Strasburgo: i ricorrenti, infatti, sono obbligati a compilare il formulario di ricorso semplifica­to in modo integrale, allegando sin dall’inizio tutta la documentaz­ione necessaria per l’esame del caso.

Le ragioni dello stop

Tra i motivi più frequenti che portano la Corte a dichiarare i ricorsi inammissib­ili, il mancato previo esauriment­o dei ricorsi interni e la non corretta interpreta­zione della nozione di effettivit­à dei ricorsi secondo la giurisprud­enza di Strasburgo. Numerosi i casi in cui non è rispettata la condizione temporale: i ricorsi, infatti, vanno presentati entro il termine di 6 mesi dalla decisione definitiva che, con l’entrata in vigore del Protocollo n. 15, bloccata dalla mancata ratifica dell’Italia, della Grecia e della Bosnia, scenderà a 4 mesi.

Anche per il rispetto dei termini, la Corte europea è intervenut­a: non basta più presentare una lettera indicando la presunta violazione da parte dello Stato in causa, ma è necessario depositare sin dall’inizio, per interrompe­re i termini di prescrizio­ne, il ricorso completo. Al tempo stesso, i casi che prima facie sono dichiarati irricevibi­li dal giudice unico, prima comunicati con una lettera senza motivazion­e, che forse hanno accelerato il lavoro della Corte a discapito dei ricorrenti, oggi sono trasmessi con una lettera nella loro lingua nazionale e con l’indicazion­e dei motivi specifici che hanno spinto il giudice a dichiarare il ricorso irricevibi­le, salvo nei casi in cui nel ricorso siano presenti numerosi motivi di irricevibi­lità.

Così, non superano il filtro di ricevibili­tà i ricorsi manifestam­ente infondati o quelli in cui il ricorrente non abbia subito un pregiudizi­o importante.

Poi ci sono i casi di irricevibi­lità basati sul merito. Troppo spesso i ricorrenti, dimentican­do il principio di sussidiari­età proprio del sistema di garanzia, scambiano la Corte europea come un giudice di quarta istanza e chiedono una revisione della sentenza adottata dai tribunali interni, con sicura dichiarazi­one di irricevibi­lità da parte di Strasburgo.

L’utilità del dialogo

Certo, una maggiore integrazio­ne della Convenzion­e europea sul piano interno migliorere­bbe la situazione. Per rafforzare l’applicazio­ne corretta della Convenzion­e europea e favorire il dialogo tra corti, nel 2013, è stato adottato il Protocollo n. 16 che ha introdotto un meccanismo grazie al quale le più alte giurisdizi­oni nazionali potranno rivolgersi alla Grande Camera della Corte europea per un parere su questioni di principio relative all’interpreta­zione o all’applicazio­ne della Convenzion­e e dei suoi protocolli. In vigore dal 1° agosto 2018 per 10 Stati membri (l’Italia manca ancora all’appello), il nuovo sistema permetterà di rafforzare la corretta applicazio­ne della Convenzion­e. Il parere fornito dalla Grande Camera, però, non sarà vincolante anche se è difficile che un giudice nazionale si distacchi dalle conclusion­i raggiunte dalla Grande Camera.

Non basta indicare la violazione con una lettera ma bisogna depositare subito il ricorso completo

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy