Soglia critica a 400 per lo spread sui BTp Hedge fund al bivio
Altra giornata nervosa sui mercati dopo la lettera Ue: chiusura a 308, Borsa -2,4% I fondi speculativi pronti a liquidare le posizioni Banche, capitale a rischio Savona: dai mercati reazione moderata alla manovra, ci aspettavamo di peggio Segnali di di
Altra giornata pesante per l’Italia sui mercati, dopo la lettera con cui la Ue venerdì sera ha espresso preoccupazione per il deficit previsto nella Nota al Def: lo spread tra BTp decennale e Bund è balzato a 308 punti (dai 285 di venerdì) con il rendimento a 3,61%, ai massimi dal febbraio 2014. Una tendenza che sta creando apprensioni soprattutto sul fronte bancario, che vede avvicinarsi la soglia d’allarme dello spread, una sorta di “linea Maginot”, ovvero 400-450 punti base. Un livello, secondo le stime degli analisti, oltre il quale alcune banche vedrebbero scendere gli indici patrimoniali sotto i livelli imposti dalla Bce e di conseguenza sarebbero chiamate a ricostituire il capitale. Una situazione complicata che sconta, tra le altre variabili, le mosse dei fondi, in particolare quelli più speculativi - per ora alla finestra - anche alla luce di possibili declassamenti per l’Italia da parte delle agenzie di rating.
Il settore bancario resta tra i più bersagliati dalle vendite in Borsa, con diversi titoli sospesi anche ieri: Piazza Affari ancora maglia nera in Europa a -2,43%, sui minimi dall’aprile 2013. «I mercati, per quel che è successo ed è stato detto in Europa, hanno reagito moderatamente. Anzi ci aspettavamo di più» ha commentato il ministro Savona parlando della reazione alla manovra. «Siamo più spaventati dello scontro politico». Segnali di disgelo istituzionale intanto tra Bruxelles e Roma. Il presidente della Camera Fico ha incontrato il commissario Ue Moscovici: «Bisogna abbassare i toni, basta dichiarazioni mediatiche». «Discussione positiva - ha detto Moscovici - più il clima sarà disteso, più il nostro dialogo potrà essere costruttivo».
L’allarme, nelle sale operative, è scattato da settimane. Ma negli ultimi giorni si è fatto più intenso. Perché sempre più vicina appare la soglia d’allarme dello spread, quella che è ritenuta una sorta di linea Maginot, ovvero 400-450 punti base. È questo, secondo gli analisti, il livello oltre il quale alcune banche vedrebbero scendere i loro indici patrimoniali sotto i livelli minimi imposti dalla Bce. E, di conseguenza, in assenza di manovre straordinarie sarebbero chiamate a ricostituire il capitale mancante con nuovi rafforzamenti, e con non poche incognite sulla effettiva capacità di trovare un’adeguata risposta dagli investitori.
È uno scenario a tinte fosche quello che pesa sul settore bancario per colpa del surriscaldamento dello spread. L’esposizione ai bond sovrani contribuisce ad aumentare il profilo di rischio degli istituti, perché ogni trimestre devono riportare al valore di mercato il prezzo dei Btp in portafoglio (che nel frattempo si stanno deprezzando) e intaccano così il loro patrimonio. Ieri il differenziale Btp/ Bund ha toccato 308 punti base. In una sola giornata, il divario sui tassi governativi è salito di 22 punti base, toccando i massimi da giugno 2013. La volatilità è sotto gli occhi di tutti. Ogni giorno il differenziale può rientrare a seconda di dichiarazioni più o meno confortanti. Ma il trend è chiaro: rispetto a maggio la forbice si è allargata di circa 180 punti base. Abbastanza da erodere in media 36 punti base di capitale degli istituti nel secondo trimestre, a cui si aggiungono i 18 bruciati dallo scorso luglio, secondo i calcoli di Giovanni Razzoli, di Equita Sim. E la situazione, segnalava ieri Radiocor, potrebbe volgere al peggio entro fine mese in caso di downgrade del debito e revisione dell’outlook a negativo: per i BTp si aprirebbe la strada a un declassamento al livello junk, con vendite massicce da parte di fondi.
Lo scenario
Ma cosa accadrebbe alle banche italiane se lo spread dovesse surriscaldarsi ancora? E fino a che punto la tensione sarebbe gestibile? Ogni punto di capitale perso assottiglia il buffer creato col tempo dagli istituti rispetto alla soglia d’allarme monitorata dalla Bce (il cosiddetto requisito Srep). L’asticella da non “bucare” cambia da banca a banca, perchè diversi sono i rischi e diverse sono le condizioni di capitale di partenza e le esposizioni sui Btp. In media, secondo Carlo Tommaselli, analista di Credit Suisse, il Cet 1 ratio delle prime sei banche italiane (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Ubi, BancoBpm e Bper) con uno spread a 338 punti base (100 pb in più rispetto alla fine di giugno) atterrerebbe al 12,2%. Una quota ancora tollerabile, considerato il 10,7% come pavimento minimo. Tollerabile per tutti ma non per Mps, che già a quei livelli presenterebbe un Cet1 sotto i minimi Bce (10,03%% vs 10,25% in termini fully loaded).
Le cose si farebbero più critiche con un allargamento del differenziale oltre quota 400. A 438 punti, 200 in più rispetto a luglio, al caso Mps si aggiungerebbe BancoBpm, che mostrerebbe un Cet 1 del 10,42% contro una soglia del 10,75% (minimo comprensivo delle guidance Bce stimata). È vero che si tratta di proiezioni che non considerano l’eventuale capitale generato da utili o da operazioni straordinarie (come le cessioni che il BancoBpm sta esaminando), nè da una riduzione degli impieghi o da una riclassificazione dei Btp. Ma è chiaro che per questi due istituti la coperta si sta mostrando corta. Con effetti potenzialmente destabilizzanti per tutti.
á@lucaaldodavi
Mps virtualmente si trova sotto la soglia Bce Si assottiglia il margine di sicurezza per BancoBpm