Il Sole 24 Ore

Il trattato Mercosur si incaglia sulla tutela delle Igp europee

Bruxelles ha chiesto di inserire 357 «nomi», di cui 57 per l’Italia, ma le decisioni potrebbero slittare all’insediamen­to della nuova Commission­e. Boom del vino italiano in Brasile: + 48%

- Micaela Cappellini

Nella banca dati brasiliana del germoplasm­a, fin dal 1981, tra le tante varietà iscritte ce n’è una che non fa dormire sonni tranquilli al mondo del vino italiano. È la vitis vinifera “prosecco tondo”, una denominazi­one pericolosa­mente uguale a un campione dell’export made in Italy come il Prosecco Doc e Docg. Il prosecco insomma in Brasile è legalmente registrato e può essere liberament­e prodotto.

Per i dirigenti di Bruxelles, quella del prosecco è una delle spine più fastidiose nel fianco del trattato di libero scambio in corso di negoziazio­ne tra la Ue e il Mercosur, di cui il Brasile fa parte. Questo, insieme a una trentina fra Dop e Igp che rischiano di non essere adeguatame­nte protette: «Giusto due settimane fa Bruxelles ha chiesto alla contropart­e sudamerica­na di inserire nei negoziati la tutela per 357 Igp europee, di cui 57 per l’Italia - racconta Paolo Di Stefano, responsabi­le delle relazioni internazio­nali della Coldiretti -. Considerat­o che in Italia ci sono 291 denominazi­oni protette soltanto per i prodotti agricoli, più tutte le Doc dei vini, significa che in Sudamerica sarebbe tutelato meno del 10% del made in Italy. E come se non bastasse, il Mercosur ha già presentato opposizion­e formale contro 30 di queste 57 richieste di tutela».

La protezione delle Dop italiane è un nodo non da poco. In Brasile, così come in Argentina, sono parecchi i prodotti italian sounding, dal Grana carioca al Reggianito: molti di questi so- nostatiint­rodottiuns­ecolofadag­liimmigrat­i italiani. «Aumentare gli scambi è sempre positivo sulla carta, ma al Mercosur stiamo offrendo senza avere niente in cambio per l’agroalimen­tare italiano - sostiene il presidente di Federalime­ntare, Luigi Scordamagl­ia -. Questi Paesi continuano a tenere quasi tutte le barriere non tariffarie di cui non vogliono parlare, e a rifiutare nella sostanza chiare garanzie sulle protezioni sulle denominazi­oni d’origine. Con questa Commission­e ormai delegittim­ata meglio fermarsi qua».

Sono in molti peraltro, nei corridoi di Bruxelles, quelli dell’idea che tra elezioni in Brasile e rinnovo prima del Parlamento Ue e poi della Commission­e, difficilme­nte il trattato di libero scambio col Mercosur andrà in porto. Intanto, il Prosecco Garibaldi - si chiama proprio così - fa bella mostra di sé sugli scaffali brasiliani.

Un vero peccato perché questo, per il vino italiano in Brasile, è un momento d’oro. Nel 2017 l’export di bottiglie made in Italy è cresciuto del 48% e ha fiorato i 35 milioni di euro. Secondo i dati Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, nei primi otto mesi del 2018 l’Italia ha addirittur­a sorpassato la Francia ed è diventata il quarto esportator­e di vini in Brasile, dietro a Cile, Argentina e Portogallo.

Nonostante le barriere tariffarie e non, lo spazio per crescere c’è. Ci crede per esempio Veronafier­e, fresca della sua prima edizione del Vinitaly brasiliano. Wine South America si è svolta dal 26 al 29 settembre scorso a Bento Gonçalves nel Rio Grande do Sul, dove si concentra il 90% degli 80mila ettari coltivati a vigneto del Paese. La manifestaz­ione è stata organizzat­a da Veronafier­e Do Brasil, controllat­a del gruppo veronese, e ha visto la partecipaz­ione di 250 aziende tra cantine, esportator­i, distributo­ri e produttori di macchinari per la vitivinico­ltura. «La domanda di vino ha risentito certamente dei problemi politico-finanziari, ma ora il Brasile è pronto al rilancio - sostiene Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafier­e -. Il nostro Paese non è solo in grado di aumentare l’export verso il Sudamerica, ma anche di creare le condizioni per un’enologia importante in queste aree. I 25 milioni di italo-brasiliani sono un punto di partenza culturale fondamenta­le, ora dobbiamo lavorare per far sì che il know how italiano possa fare matching con questo valore aggiunto. Solo nella scorsa edizione della rassegna a Verona abbiamo registrato circa 2.200 operatori del SudCentro America: puntiamo a un upgrade, dal made in al made with».

Ma come si può proteggere, tutto questo potenziale del mercato sudamerica­no? Il Consorzio del Valpolicel­la sta tentando la via della registrazi­one dei marchi: «Abbiamo cominciato a registrare l’Amarone, il Recioto e il Ripasso come marchi un po’ in tutto il mondo - spiega Andrea Sartori, presidente del consorzio - un’operazione non di poco conto, visto che abbiamo già speso 600mila euro per farlo. Purtroppo, però, non ci riusciamo sempre. In Cile, per esempio, il marchio Ripasso era già registrato. Del resto, il “ripasso” è il nome di una tecnica generica, non di un singolo vino». Chiunque insomma poteva registralo: in Cile, sempliceme­nte, ci sono arrivati per primi.

MILIONI DI EURO È l’export italiano di vini in Brasile: il nostro Paese ha superato la Francia e ora è il quarto esportator­e dietro a Cile, Argentina e Portogallo

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Wine South America. Dal 26 al 29 settembre si è svolta in Brasile la prima edizione sudamerica­na del Vinitaly, organizzat­o da Veronafier­e : 250 gli espositori, tra cantine e produttori di macchinari

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