Ufficio bilancio e Bankitalia: doppio no alla manovra
Via Nazionale: pensioni, non si torni indietro. Upb: stime Pil troppo ottimistiche Spread BTp-Bund fino a 315, poi cala. Savona: se ci sfugge dobbiamo cambiare il Def Oggi cabina di regia con 15 società partecipate: piano su investimenti e assunzioni
L’aumento del Pil poggia su moltiplicatori non scontati; non si torni indietro sulle pensioni. Sono i rilievi alla manovra avanzati dal vice dg di Bankitalia Signorini in audizione. Critico anche l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che non valida il Def: stime Pil troppo ottimistiche. Tria: su pensioni misure permanenti ma da effetti si vedrà come continuare. Salvini: sulla Fornero nessuno ci fermerà. Savona: Def moderato, ma se lo spread ci scappa, la manovra deve cambiare. In serata vertice a Palazzo Chigi. Conte: la manovra non si tocca. Ancora volatilità sui mercati: spread BTp-Bund fino a 315 punti, poi chiude a 299.
Ieri, a un certo punto della serata, è stata più chiara la composizione degli schieramenti impegnati nel braccio di ferro sulla legge di bilancio. C’è quello che è stato ribattezzato “o la va o la spacca” che ha fissato a 400 l’asticella dello spread dopo la quale cambiare e che è capitanato da Salvini e Di Maio ma anche da Savona. In effetti è stato il ministro degli Affari europei a mettere la questione sul tavolo dopo che a Porta a Porta ha detto «se ci sfugge lo spread la manovra va cambiata». Ecco, proprio su questa frase quelli che in queste ore stanno facendo i “pontieri” e i “pompieri”, si sono allarmati. Nel senso che loro vorrebbero intervenire prima che lo spread scappi di mano per la ragione che una volta “sfuggito” diventerebbe molto difficile gestire una crisi finanziaria. Di questo schieramento – ma molti sono ancora sottotraccia – fanno parte Tria, Moavero e da ieri anche il presidente della Camera Fico che è apparso molto più vicino a chi sta cercando di creare una rete di protezione (Quirinale in primis). Nella sua visita a Bruxelles e nei colloqui con Juncker ha provato a raffreddare i toni e riannodare un dialogo per evitare una sfida che sa di partita finale.
Al momento è lo schieramento perdente, viste anche le dichiarazioni molto nette dei due vicepremier in serata («non si cambia»), ma intanto c’è chi sta costruendo un percorso per tentare una via d’uscita. E guarda alle prossime tappe a cominciare dal 15 ottobre quando si manderà il documento di sintesi della manovra (Dbp) all’Ue. Se resterà quella annunciata – e sempre che nel frattempo i mercati non faranno registrare nuove tensioni – la data del 17-18 è cruciale: in quei giorni c’è il Consiglio Ue che diventa la prima occasione per Conte e Moavero di interloquire con i capi di Governo e tentare un negoziato. Un negoziato sulle correzioni visto che ieri c’è stata l’unanime altolà da parte di Bankitalia, Corte dei conti ma soprattutto dell’Ufficio parlamentare di bilancio (che non ha validato il Def). Già perché questo ufficio nasce proprio dalla normativa europea e costituisce parte integrante del percorso di coordinamento con Bruxelles: lo stop di ieri quindi finisce per essere una premessa allarmante per una probabile bocciatura dell’Ue. Ecco, chi vuole evitare lo spread a 400 guarda a quelle date per costruire una strada alternativa al muro contro muro. Diventerebbe una avventura rischiosissima, infatti, sfidare l’Ue e aspettare così i giudizi delle agenzie di rating che potrebbero declassare l’Italia mettendo benzina sul fuoco della speculazione.
Dunque anche se ieri il Governo teneva la posizione, resta quell’ultima finestra del 18 ottobre per evitare il gioco del “o la va o la spacca” e correggere i due capitoli finiti nel mirino: la riforma della Fornero e il reddito di cittadinanza. Già ieri Tria ha provato a ridefinire le misure sulle pensioni come “sperimentali” e lo stesso si pensa di poter fare con i 780 euro, magari mettendo dei paletti per alleggerire una spesa strutturale che con un debito come il nostro appare poco sostenibile. Il braccio di ferro è in corso, sotto la spada di Damocle dello spread.