Fmi, allarme sul credito italiano
«Significativo canale di trasmissione del rischio che potrebbe essere riacceso»
L’Italia torna a far parlare di sé all’interno del Fondo monetario internazionale e, come prevedibile, non per una nota di merito. Stavolta è il legame fra banche e titoli di Stato a preoccupare l’organismo riunito in questi giorni a Bali in Indonesia, tanto da meritarsi un ruolo di primo piano fra i fattori di rischio indicati per l’Eurozona e per il sistema finanziario globale, insieme alle vulnerabilità dei Paesi emergenti e all’escalation nelle guerre commerciali e a quello che appare un atteggiamento «compiacente» dei mercati, che non sembrano apprezzare il pericolo di un eventuale brusco deterioramento del quadro finanziario.
Fra le righe del Global Financial Stability Report diffuso oggi, l’Fmi sottolinea in generale come la presenza nei bilanci delle banche di ingenti quantitativi di bond emessi da Paesi fortemente indebitati rappresenta «una potenziale vulnerabilità» come dimostrato dalla crisi dell’euro. Ma non manca di citare in modo esplicito il nostro Paese quando afferma che «in Italia le incertezze politiche hanno riportato all’attenzione il legame tra banche e debito sovrano» e sottolinea come l’allargamento dello spread sui titoli governativi abbia a sua volta «indotto un aumento dei credit default swap del credito bancario».
Questo legame - ben presente fra gli analisti tanto che dopo Credit Suisse, ieri anche Jp Morgan ha calato la scure sulle stime sugli utili delle banche italiane - resta per i tecnici del Fondo «un significativo canale di trasmissione del rischio», che potrebbe essere nuovamente «riacceso» come una miccia «se le preoccupazioni legate alla politica di bilancio dovessero riemergere» proprio a causa di quei 373 miliardi di euro di BTp ancora detenuto dagli istituti di credito «e alla loro esposizione sul mercato domestico».
«In uno scenario simile le tensioni potrebbero allargarsi ai mercati del debito pubblico in Europa, come già avvenuto in passato in occasione della crisi del debito e, in misura più limitata, lo scorso maggio» avverte l’Fmi, puntando così il dito su quel rischio contagio che tiene in apprensione l’intera comunità finanziaria, a partire dalla stessa Banca centrale europea.
Più in generale, il Fondo rileva che man mano che le Banche centrali procederanno con il rientro dalle politiche monetarie accomodanti, le condizioni finanziarie diventeranno più difficili e questo potrebbe portare alla luce vulnerabilità e fragilità. La ricetta dell’Fmi, a dieci anni esatti dalla crisi finanziaria culminata nel crack Lehman, resta ancora quella di «rafforzare i cuscinetti anticiclici» delle banche e di «completare le riforme regolamentari in agenda resistendo alla tentazione di fare un passo indietro».