Riparte l’esodo dei laureati dal Mezzogiorno verso il Nord
Analisi Svimez. Con la ripresa produttiva e Industria 4.0 riparte la domanda in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna. I bacini ristretti di addetti specializzati spostano la ricerca al Sud. Ogni giorno 57 laureati risalgono lo stivale
Cresce il numero di giovani laureati del Mezzogiorno che cercano opportunità di lavoro al Nord. Con la ripresa produttiva e gli investimenti promossi dal piano Industria 4.0 riparte la domanda di profili professionali elevati in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna. Secondo un’elaborazione Svimez, ogni giorno in media 57 laureati risalgono la Penisola.
«Imiei amici? Parecchi sono da queste parti: uno lavora a Milano per il Comune, un altro in uno studio tecnico, sempre a Milano». La storia di Maria Rosaria, ingegnere edile laureata al Politecnico di Bari e trasferitasi al Nord non è affatto unica, e non solo per le scelte dei suoi conoscenti più diretti. Ad imitare la giovane di Bitonto, che dopo un master e un tirocinio in uno studio locale ora lavora a Treviglio per la multinazionale della meccanizzazione agricola Sdf, sono stati infatti numerosi suoi coetanei, con flussi crescenti negli ultimi anni. Ma se i numeri globali degli spostamenti al Centro Nord e all’estero dal Sud non paiono modificarsi troppo negli anni, oscillando tra le 120 e le 130mila unità, è evidente una ricomposizione interna del flusso, che vede lievitare in modo netto la quota di giovani laureati in uscita. Erano poco meno di 9mila nel 2002, sono arrivati nel 2016 al nuovo massimo storico di quasi 21mila unità: 57 partenze al giorno. A peggiorare, nelle elaborazioni Svimez, è anche il saldo complessivo del territorio, perché se 16 anni fa al Sud il gap tra uscite e ingressi dal Centro-Nord per i giovani laureati era inferiore alle 5mila unità, ora siamo arrivati al quadruplo di quel valore. Cambi di residenza che in 16 anni hanno portato fuori dal territorio 221 mila laureati (il sal- do negativo è di 163mila giovani), con un trend analogo anche per i cosiddetti pendolari fuori regione (coloro che non spostano la residenza), arrivati a sfiorare le 145mila unità. La novità non è il fenomeno, storicamente una costante nel rapporto tra Sud e Nord del Paese, piuttosto il rafforzamento dello stesso nelle fasce più “formate”, grazie ad un mix di fattori che si traduce in una maggiore richiesta da parte delle imprese di Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna. Da un lato a pesare è la ripresa della domanda, come testimonia il calo della disoccupazione al di sotto del 10%, il minimo dal 2012. Ricerca di personale, inoltre, che concentrandosi su alcuni profili tecnici ormai rari non sempre riesce ad essere soddisfatta setacciando il bacino naturale del territorio circostante e costringe le aziende (si vedano le storie nella pagina successiva ndr.) ad allargare lo sguardo. Guardando alle migrazioni temporanee, i dati che Svimez presenterà nel proprio rapporto annuale l’8 novembre, evidenziano dunque anzitutto una forte ripresa del fenomeno, con quasi 145mila occupati residenti nelle regioni del Sud che lavorano al di fuori della propria circoscrizione, una crescita del 5,5% rispetto all’anno precedente, un balzo del 30% dai minimi del 2015. A partire dalle regioni meridionali sono soprattutto i profili più elevati e i giovani: oltre il 40% ha meno di 35 anni (rispetto al 22% degli occupati totali), i laureati rappresentano il 30% del totale. «Se in termini di percorsi individuali e opportunità di carriera si tratta di un fenomeno certamente positivo - spiega il direttore di Svimez Luca Bianchi - non altrettanto possiamo dire per il territorio nel suo complesso, che attraverso questo trasferimento di risorse di alto profilo perde sicuramente una parte del proprio potenziale di sviluppo. A pesare sulle scelte è anche la scarsa attitudine delle imprese a dialogare con le università locali, mentre le aziende del Centro-Nord hanno una consuetudine ormai decennale con gli uffici di placement». Il problema peraltro si manifesta anche prima dell’ingresso nel mercato del lavoro, guardando ai dati degli iscritti agli atenei. Nell’anno accademico 2016/2017 175mila ragazzi del Sud studiano al Centro-Nord mentre i residenti del Centro-Nord che frequentano atenei del Mezzogiorno sono appena 18mila. Tra consumi pubblici e privati si tratta di una perdita di tre miliardi di euro all’anno. Ma in termini di know-how, ciò che “esce” dall’area ha un valore ben superiore. «Non è la terra promessa spiega Maria Rosaria - e lasciare la famiglia non è facile. Ma qui vedevo più opportunità, e devo dire che non sono affatto pentita». A Treviglio ha seguito il progetto per realizzare un nuovo impianto di verniciatura. Un piano di crescita, un nuovo investimento. Quello che al Sud spesso manca per convincere i giovani a non guardare altrove.