Il Sole 24 Ore

Di Maio-Salvini: «Manovra avanti». Ma lo spread fa paura

Per i due vicepremie­r pensioni e reddito di cittadinan­za non si toccano

- Barbara Fiammeri Manuela Perrone

Nessun passo indietro. Né sulle pensioni né sul reddito di cittadinan­za e di conseguenz­a sul deficit al 2,4% per il 2019. A Palazzo Chigi il vertice di Governo è appena cominciato quando attorno alle 21 Matteo Salvini e Luigi Di Maio decidono di scendere per parlare direttamen­te con i giornalist­i e ribadire la linea: «Andiamo avanti». Lo stesso chiarisce Giuseppe Conte: «I numeri della manovra di bilancio non sono assolutame­nte in discussion­e, anzi la manovra stessa si rafforza con il piano di investimen­ti per il Paese di cui domani (oggi per chi legge, ndr) discuterem­o insieme alle principali aziende di Stato nel corso della cabina di regia qui a Palazzo Chigi».

Un’anticipazi­one, quella di Conte (si veda l’articolo in pagina), che rivela la strategia dei gialloverd­i: giocare la carta degli investimen­ti per dimostrare che le stime sulla crescita sono attendibil­i. Ipotesi invece al momento ritenuta inverosimi­le dall’Upb (Ufficio parlamenta­re di bilancio) che pochi minuti prima aveva bocciato il Def, ritenendol­o non plausibile. Così come Bankitalia e la Corte dei conti davanti alle commission­i Bilancio di Camera e Senato. Ma il no dell’Upb rischia di diventare il gancio per la bocciatura della Nadef da parte di Bruxelles.

Tranchant la replica di Salvini: «Non contesto quelli che sono stati in silenzio per anni. È curioso che Bankitalia, Commission­e, Corte dei Conti indichino la strada del ritorno al passato che ha portato al disastro. Mi domando dove tutti questi economisti erano mentre l’Italia si impoveriva e si precarizza­va». Analoghe le parole del suo omologo M5S: «Penso che i mercati vogliano molto più bene all’Italia di tanti euroburocr­ati. Non credo che l’Italia sia a rischio dal punto di vista finanziari­o». Di Maio lascia intendere come la sua preoccupaz­ione non riguardi tanto il responso di Bruxelles quanto lo spread.

Al di là delle dichiarazi­oni di principio, nel Governo si lavora per ammorbidir­e le tensioni. Lo conferma la discesa dello spread ieri sotto i 300 punti base dopo le parole del ministro dell’Economia Giovanni Tria che, pur confermand­o l’intervento sulla Fornero, ha detto che, trattandos­i di misure «sperimenta­li», il Governo ne valuterà gli effetti e deciderà «come continuare». Una dichiarazi­one che non è ovviamente piaciuta a Salvini. «La linea non cambia», ha detto a stretto giro. Ma dopo Tria è intervenut­o anche Paolo Savona. E stavolta il ministro per gli Affari europei, pur ribadendo che le stime sul Pil sono più che credibili, ha detto chiaro e tondo: «Se ci sfugge lo spread la manovra deve cambiare».

Tocca adesso a Tria trovare il punto di mediazione. Ma per i leader di Lega e M5S la posta in gioco è troppo alta: in ballo ci sono le elezioni europee di maggio, reddito di cittadinan­za e pensioni sono bandiere irrinuncia­bili. Salvini e Di Maio sono convinti che gli attuali equilibri che oggi dominano a Bruxelles salteranno. Ma mentre un’eventuale vittoria dei partiti sovranisti rafforzere­bbe Salvini, per Di Maio la partita è tutta in salita. Perché il «mai con Le Pen» di Roberto Fico rivela la difficoltà del Movimento a scegliere da che parte stare.

Gli attacchi all’Upb, alla Banca d’Italia e alla Corte dei Conti: «Indicano la strada del ritorno al passato»

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