Di Maio-Salvini: «Manovra avanti». Ma lo spread fa paura
Per i due vicepremier pensioni e reddito di cittadinanza non si toccano
Nessun passo indietro. Né sulle pensioni né sul reddito di cittadinanza e di conseguenza sul deficit al 2,4% per il 2019. A Palazzo Chigi il vertice di Governo è appena cominciato quando attorno alle 21 Matteo Salvini e Luigi Di Maio decidono di scendere per parlare direttamente con i giornalisti e ribadire la linea: «Andiamo avanti». Lo stesso chiarisce Giuseppe Conte: «I numeri della manovra di bilancio non sono assolutamente in discussione, anzi la manovra stessa si rafforza con il piano di investimenti per il Paese di cui domani (oggi per chi legge, ndr) discuteremo insieme alle principali aziende di Stato nel corso della cabina di regia qui a Palazzo Chigi».
Un’anticipazione, quella di Conte (si veda l’articolo in pagina), che rivela la strategia dei gialloverdi: giocare la carta degli investimenti per dimostrare che le stime sulla crescita sono attendibili. Ipotesi invece al momento ritenuta inverosimile dall’Upb (Ufficio parlamentare di bilancio) che pochi minuti prima aveva bocciato il Def, ritenendolo non plausibile. Così come Bankitalia e la Corte dei conti davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Ma il no dell’Upb rischia di diventare il gancio per la bocciatura della Nadef da parte di Bruxelles.
Tranchant la replica di Salvini: «Non contesto quelli che sono stati in silenzio per anni. È curioso che Bankitalia, Commissione, Corte dei Conti indichino la strada del ritorno al passato che ha portato al disastro. Mi domando dove tutti questi economisti erano mentre l’Italia si impoveriva e si precarizzava». Analoghe le parole del suo omologo M5S: «Penso che i mercati vogliano molto più bene all’Italia di tanti euroburocrati. Non credo che l’Italia sia a rischio dal punto di vista finanziario». Di Maio lascia intendere come la sua preoccupazione non riguardi tanto il responso di Bruxelles quanto lo spread.
Al di là delle dichiarazioni di principio, nel Governo si lavora per ammorbidire le tensioni. Lo conferma la discesa dello spread ieri sotto i 300 punti base dopo le parole del ministro dell’Economia Giovanni Tria che, pur confermando l’intervento sulla Fornero, ha detto che, trattandosi di misure «sperimentali», il Governo ne valuterà gli effetti e deciderà «come continuare». Una dichiarazione che non è ovviamente piaciuta a Salvini. «La linea non cambia», ha detto a stretto giro. Ma dopo Tria è intervenuto anche Paolo Savona. E stavolta il ministro per gli Affari europei, pur ribadendo che le stime sul Pil sono più che credibili, ha detto chiaro e tondo: «Se ci sfugge lo spread la manovra deve cambiare».
Tocca adesso a Tria trovare il punto di mediazione. Ma per i leader di Lega e M5S la posta in gioco è troppo alta: in ballo ci sono le elezioni europee di maggio, reddito di cittadinanza e pensioni sono bandiere irrinunciabili. Salvini e Di Maio sono convinti che gli attuali equilibri che oggi dominano a Bruxelles salteranno. Ma mentre un’eventuale vittoria dei partiti sovranisti rafforzerebbe Salvini, per Di Maio la partita è tutta in salita. Perché il «mai con Le Pen» di Roberto Fico rivela la difficoltà del Movimento a scegliere da che parte stare.
Gli attacchi all’Upb, alla Banca d’Italia e alla Corte dei Conti: «Indicano la strada del ritorno al passato»