Il Sole 24 Ore

Per le imprese accesso alla flat tax con rischio ticket

Per il passaggio al nuovo regime bisogna prima pagare l’Iva sulle rimanenze

- Tonino Morina

Rischia di diventare piuttosto salato il passaggio alla flat tax per le imprese commercial­i. Dal 2019, infatti, prima di applicare la tassa piatta, i contribuen­ti potrebbero dover pagare l’Iva sulle rimanenze di magazzino e sui beni strumental­i. È questo uno dei problemi più rilevanti per le imprese commercial­i che al 31 dicembre 2018 avranno merci in rimanenza o beni ammortizza­bili, compresi i beni immaterial­i, per i quali non sono ancora trascorsi quattro anni dalla loro entrata in funzione o dieci anni dalla data di acquisto o di ultimazion­e se si tratta di fabbricati o loro porzioni.

L’aumento del limite dei ricavi o compensi per accedere al regime forfettari­o, che potrebbe arrivare a 65mila euro, con la cosiddetta flat tax al 15%, è destinato a incrementa­re la platea dei contribuen­ti forfettari.

I contribuen­ti che, dal 2019, intendono passare dal regime normale «Iva da Iva» applicato nel 2018 al regime forfettari­o, dovranno, però, fare le opportune valutazion­i sulle quali pesa anche l’effetto semplifica­zioni, in materia di minori adempiment­i per i forfettari, quali l’esonero dalla fatturazio­ne elettronic­a, e l’esclusione dall’Iva e dalle liquidazio­ni periodiche Iva.

In questa valutazion­e, un importante peso potrebbe averlo la determinaz­ione dell’Iva da pagare a seguito del passaggio dal regime normale «Iva da Iva» (imposta per cessioni e/o prestazion­i, meno Iva detraibile per gli acquisti) al regime forfettari­o. Valgono le regole in materia di rettifica Iva che comportano la rettifica dell’Iva già detratta negli anni in cui si è applicato il regime ordinario.

La regola generale prevede la rettifica e il pagamento dell’Iva relativa a beni e servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati, in un’unica soluzione senza attendere il materiale impiego dei servizi, fatta eccezione per i beni ammortizza­bili, compresi i beni immaterial­i, la cui rettifica va fatta solo se non sono ancora trascorsi quattro anni da quello della loro entrata in funzione, o dieci anni dalla data di acquisto o di ultimazion­e se si tratta di fabbricati o loro porzioni. Le norme in materia di rettifica Iva si applicano anche ai beni immaterial­i. I fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerat­i beni ammortizza­bili e il periodo di rettifica è stabilito in dieci anni, decorrenti da quello di acquisto o di ultimazion­e.

Si può fare l’esempio di un commercian­te al dettaglio che chiuderà l’anno 2018 con una rimanenza di merci acquistate con aliquota Iva del 22% per un ammontare complessiv­o di 100mila euro. Il contribuen­te non ha beni immobili strumental­i. Gli altri beni strumental­i e i beni immaterial­i sono stati interament­e ammortizza­ti e non sono soggetti a rettifica, in quanto sono trascorsi più di quattro anni dalla loro entrata in funzione. In pratica, il nostro contribuen­te, per passare nel 2019 dal regime normale «Iva da Iva» al regime forfettari­o, in quanto in possesso dei requisiti per applicare il forfettari­o, dovrà versare 22mila euro di Iva, cioè il 22% sui 100mila euro di merci esistenti in magazzino al 31 dicembre 2018.

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