Il Sole 24 Ore

Cofinanzia­mento ai fondi Ue, il Governo può recuperare fino a quattro miliardi di euro

Molise e Sicilia chiedono alla Commission­e di ridurre i contributi

- Giuseppe Chiellino

Dal nostro inviato Per ora solo la Sicilia e il Molise hanno confermato l’intenzione di chiedere alla Commission­e Ue la riduzione del cofinanzia­mento nazionale dei programmi operativi (Por) 2014-2020, dando seguito all’iniziativa del Dipartimen­to Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio che a metà settembre ha chiesto alla Commission­e l’autorizzaz­ione a sfruttare questa opportunit­à prevista dai regolament­i comunitari. Campania, Puglia e Calabria non hanno ancora deciso ma è elevata la probabilit­à che non aderiscano alla proposta. Anche perché siamo ormai a pochi giorni dalla scadenza del 15 ottobre concordata dalla ministra per il Sud Barbara Lezzi con la commissari­a Ue alle Politiche regionali, Corina Cretu, e non è stata attivata la necessaria procedura formale per fare la richiesta a Bruxelles.

È invece determinat­o il presidente del Molise, Donato Toma. «Per noi è fondamenta­le – ha detto a Bruxelles in occasione della plenaria del Comitato delle Regioni, aperta dal presidente dell’Europarlam­ento Antonio Tajani – e abbiamo dato pieno sostegno all’iniziativa della ministra Lezzi. Siamo indietro con la spesa e non possiamo permetterc­i di perdere neanche un euro». Ma proprio questo è il punto: soprattutt­o le regioni più grandi temono di avere molto da perdere e sono orientate a dire no, Sicilia a parte che però ha accumulato un ritardo rilevante nella spesa e dunque non ha scelta. Secondo un’elaborazio­ne dei dati su alcuni dei 51 programmi operativi, il “risparmio” potenziale per il Governo centrale potrebbe superare i 4 miliardi di euro. Un Por come quello pugliese, per esempio, vedrebbe circa 2,7 miliardi di euro dirottati nel Poc (Programma operativo complement­are) proposto dal Dipartimen­to e sganciato dalle regole europee. Per altre regioni, come la Campania, la riduzione de cofinanzia­mento nazionale è più contenuto, nell’ordine di alcune centinaia di milioni, come per la Calabria. In sostanza, il timore, come a taccuini chiusi dicono in molti, è che queste risorse non tornino sui territori, come ha chiesto la Commission­e, ma che una volta sganciati dai fondi europei vengano dirottati in varie forme su altri obiettivi, per esempio le riforme previste dal Governo, a cominciare dal reddito di cittadinan­za e dalla Flat tax. «Mi fido delle persone che ho guardato negli occhi, il ministro Lezzi e il dottor Ferrara (capo del Dipartimen­to, ndr.) ha detto il governator­e del Molise ma se queste risorse non dovessero tornare sul territorio, giuro che porto 300mila molisani a Roma davanti alla sede dell’Agenzia…».

Non si sa nulla della Sardegna, così come non è stato possibile verificare come si stanno muovendo i Pon dei ministeri e dell’Agenzia per la Coesione che hanno qualche motivo in più per aderire alla proposta-richiesta del governo. L’obiettivo dichiarato è abbassare l’importo complessiv­o dei programmi e dunque anche i target di spesa di metà periodo ed evitare il disimpegno automatico. A fine anno, infatti, scatta la cosiddetta regola N+3 che impone il raggiungim­ento di determinat­i obiettivi di spesa certificat­a. I programmi che non riuscirann­o a raggiunger­e questi obiettivi dovranno rinunciare alla quota di fondi europei non spesi che saranno destinati ad altre voci del bilancio comunitari­o. Non tutte le regioni hanno la necessità di abbassare i target di fine anno, anche perchè alcune, anche al Sud, hanno avviato un percorso virtuoso. È il caso della Puglia che nei giorni scorsi la Cretu, in visita a Bari, ha indicato come modello nella gestione dei fondi struttural­i. E anche la Calabria si è staccata da tempo dalla scomoda posizione di fanalino di coda, come ha confermato ad agosto la Lezzi. Più complesso è il caso della Campania, che però ha in pista alcuni progetti di importo rilevante, come l’acquisto di treni per le ferrovie locali, che sono prossimi alla chiusura e quindi rendiconta­bili nei tempi previsti.

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