Guerre commerciali e populismi, il Fondo taglia le stime di crescita
Usa invitati a ridurre debito e misure procicliche, Germania a investire di più
Guerre commerciali e incertezze politiche frenano l’economia mondiale. Mentre la Trumponomics, soprattutto la riforma fiscale, con i suoi effetti prociclici alimenta gli squilibri e «dovrebbe essere ritirata». Il World Economic Outlook 2018, presentato ieri a Bali (Indonesia) nel vertice dell’Fmi e della Banca mondiale, registra il deterioramento del contesto globale: la crescita nel 2018 e 2019 si fermerà al 3,7% raggiunto l’anno scorso. Una correzione al ribasso di 0,2 punti percentuali rispetto alle stime di luglio.
I mercati, esuberanti, sembrano ignorarle, ma il capoeconomista uscente del Fondo, Maurice Obstfeld, vede «nuvole all’orizzonte». Le più cupe incombono sul multilateralismo: «Senza politiche inclusive, non sopravviverà. E senza multilateralismo, il mondo sarà più povero e più pericoloso».
Sui dazi, l’Outlook sottolinea che gli Usa sono ormai passati dalla retorica ai fatti, innescando una spirale che può sfociare in un «rischio sistemico». Per l’Fmi, l’escalation costerebbe al Pil mondiale lo 0,8% nel 2020 e lo 0,4% nel lungo periodo. Gli Stati Uniti e la Cina perderebbero rispettivamente lo 0,9% e l’1,6% nel 2019.
Non sono solo i dazi a preoccupare. In alcuni Paesi, alimentata da misure che non sono sostenibili nel lungo periodo, la crescita ha raggiunto un picco. È il caso degli Stati Uniti, arrivati alla piena occupazione anche grazie agli effetti prociclici della riforma fiscale. Questa spinta però si esaurirà dal 2020, quando il ciclo di rialzi dei tassi intrapreso dalla Fed sarà al suo massimo. Sull’aumento del costo del denaro negli Usa, i mercati, si legge nell’Outlook, stanno anticipando un cammino meno ripido di quello previsto dalla Fed. Improvvise fiammate dei prezzi potrebbero quindi causare correzioni brusche nella valutazione del rischio.
La crescita americana quindi è prevista in frenata nel 2019 (al 2,5% dal 2,9% del 2018). Il raffreddamento della crescita non risparmierà l’Eurozona, ma sarà particolarmente pronunciato per i mercati emergenti e in via di sviluppo. Un altro fattore di rischio è il possibile fallimento dei negoziati sulla Brexit.
L’Outlook del Fondo avvisa poi in piena occupazione (e addirittura «oltre» ), accusano un forte deficit commerciale e conti pubblici non sostenibili, dovrebbero ridurre il debito pubblico e ritirare le misure procicliche (dalla riforma fiscale alla spinta agli investimenti), che spingono i rialzi dei tassi della Fed e contribuiscono agli squilibri globali.
La Germania, che invece ha surplus commerciale e di bilancio, dovrebbe aumentare gli investimenti per sostenere la crescita potenziale e ridurre gli squilibri esterni.
Negli ultimi mesi, le condizioni di credito nei mercati emergenti hanno subito una forte stretta. Il graduale rialzo dei tassi Usa, insieme alle ripercussioni globali delle guerre commerciali, «hanno scoraggiato - scrive Obstfeld - l’ingresso di capitali, indebolito le monete, depresso i mercati azionari e messo pressione su rendimenti e spread». Fenomeni tanto più marcati in Paesi che attraversano crisi interne, come Argentina, Brasile, Turchia e Sudafrica.
Il Fondo non vede ancora una fuga generalizzata dai mercati emergenti, né si aspetta un contagio ai danni di economie con fondamentali robusti. Tuttavia una frenata pesante degli emergenti si tradurrebbe in una seria minaccia per le economie avanzate.
In generale, le condizioni finanziarie globali possono volgere improvvisamente e bruscamente alla stretta e i Governi farebbero meglio a prepararsi a eventuali scossoni costruendo idonei cuscinetti di bilancio anticiclici. Il continuo aumento del debito pubblico e privato, avvisa il Fondo, fa crescere le vulnerabilità finanziarie. Per l’Italia, il Pil è visto in aumento dell’1,2% nel 2018 e dell’1% nel 2019. «Paesi con limitato spazio di bilancio (per esempio Francia, Italia e Spagna)», dice il Fondo, «dovrebbero ricostruire cuscinetti di bilancio, che potrebbero alleviare le tensioni fra banche e debito sovrano». Le previsioni del World Economic Outlook Fmi di ottobre 2018, var. % annua del Pil. Tra parentesi la differenza rispetto alle stime di luglio
Stati Uniti
Germania
Francia
Italia
Spagna
Cina