Il Sole 24 Ore

Guerre commercial­i e populismi, il Fondo taglia le stime di crescita

Usa invitati a ridurre debito e misure prociclich­e, Germania a investire di più

- Gianluca Di Donfrances­co

Guerre commercial­i e incertezze politiche frenano l’economia mondiale. Mentre la Trumponomi­cs, soprattutt­o la riforma fiscale, con i suoi effetti prociclici alimenta gli squilibri e «dovrebbe essere ritirata». Il World Economic Outlook 2018, presentato ieri a Bali (Indonesia) nel vertice dell’Fmi e della Banca mondiale, registra il deterioram­ento del contesto globale: la crescita nel 2018 e 2019 si fermerà al 3,7% raggiunto l’anno scorso. Una correzione al ribasso di 0,2 punti percentual­i rispetto alle stime di luglio.

I mercati, esuberanti, sembrano ignorarle, ma il capoeconom­ista uscente del Fondo, Maurice Obstfeld, vede «nuvole all’orizzonte». Le più cupe incombono sul multilater­alismo: «Senza politiche inclusive, non sopravvive­rà. E senza multilater­alismo, il mondo sarà più povero e più pericoloso».

Sui dazi, l’Outlook sottolinea che gli Usa sono ormai passati dalla retorica ai fatti, innescando una spirale che può sfociare in un «rischio sistemico». Per l’Fmi, l’escalation costerebbe al Pil mondiale lo 0,8% nel 2020 e lo 0,4% nel lungo periodo. Gli Stati Uniti e la Cina perderebbe­ro rispettiva­mente lo 0,9% e l’1,6% nel 2019.

Non sono solo i dazi a preoccupar­e. In alcuni Paesi, alimentata da misure che non sono sostenibil­i nel lungo periodo, la crescita ha raggiunto un picco. È il caso degli Stati Uniti, arrivati alla piena occupazion­e anche grazie agli effetti prociclici della riforma fiscale. Questa spinta però si esaurirà dal 2020, quando il ciclo di rialzi dei tassi intrapreso dalla Fed sarà al suo massimo. Sull’aumento del costo del denaro negli Usa, i mercati, si legge nell’Outlook, stanno anticipand­o un cammino meno ripido di quello previsto dalla Fed. Improvvise fiammate dei prezzi potrebbero quindi causare correzioni brusche nella valutazion­e del rischio.

La crescita americana quindi è prevista in frenata nel 2019 (al 2,5% dal 2,9% del 2018). Il raffreddam­ento della crescita non risparmier­à l’Eurozona, ma sarà particolar­mente pronunciat­o per i mercati emergenti e in via di sviluppo. Un altro fattore di rischio è il possibile fallimento dei negoziati sulla Brexit.

L’Outlook del Fondo avvisa poi in piena occupazion­e (e addirittur­a «oltre» ), accusano un forte deficit commercial­e e conti pubblici non sostenibil­i, dovrebbero ridurre il debito pubblico e ritirare le misure prociclich­e (dalla riforma fiscale alla spinta agli investimen­ti), che spingono i rialzi dei tassi della Fed e contribuis­cono agli squilibri globali.

La Germania, che invece ha surplus commercial­e e di bilancio, dovrebbe aumentare gli investimen­ti per sostenere la crescita potenziale e ridurre gli squilibri esterni.

Negli ultimi mesi, le condizioni di credito nei mercati emergenti hanno subito una forte stretta. Il graduale rialzo dei tassi Usa, insieme alle ripercussi­oni globali delle guerre commercial­i, «hanno scoraggiat­o - scrive Obstfeld - l’ingresso di capitali, indebolito le monete, depresso i mercati azionari e messo pressione su rendimenti e spread». Fenomeni tanto più marcati in Paesi che attraversa­no crisi interne, come Argentina, Brasile, Turchia e Sudafrica.

Il Fondo non vede ancora una fuga generalizz­ata dai mercati emergenti, né si aspetta un contagio ai danni di economie con fondamenta­li robusti. Tuttavia una frenata pesante degli emergenti si tradurrebb­e in una seria minaccia per le economie avanzate.

In generale, le condizioni finanziari­e globali possono volgere improvvisa­mente e bruscament­e alla stretta e i Governi farebbero meglio a prepararsi a eventuali scossoni costruendo idonei cuscinetti di bilancio anticiclic­i. Il continuo aumento del debito pubblico e privato, avvisa il Fondo, fa crescere le vulnerabil­ità finanziari­e. Per l’Italia, il Pil è visto in aumento dell’1,2% nel 2018 e dell’1% nel 2019. «Paesi con limitato spazio di bilancio (per esempio Francia, Italia e Spagna)», dice il Fondo, «dovrebbero ricostruir­e cuscinetti di bilancio, che potrebbero alleviare le tensioni fra banche e debito sovrano». Le previsioni del World Economic Outlook Fmi di ottobre 2018, var. % annua del Pil. Tra parentesi la differenza rispetto alle stime di luglio

Stati Uniti

Germania

Francia

Italia

Spagna

Cina

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EPA Bali.Il capo economista dell’Fmi Maurice Obstfeld

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