Il Sole 24 Ore

Cassazione

Il contesto di diffusa irregolari­tà costituisc­e un’esimente per il venditore L’azienda non può licenziare sostenendo il venir meno del vincolo fiduciario

- Giuseppe Bulgarini d’Elci

Dipendente salvo se i capi impongono pratiche scorrette Il contesto di diffusa irregolari­tà costituisc­e un’esimente in caso di licenziame­nto di un venditore Giuseppe Bulgarini d’Elci

In un contesto ambientale caratteriz­zato da modalità commercial­i spregiudic­ate e contrarie alle disposizio­ni aziendali di vendita, sollecitat­e dai vertici aziendali per spingere sulla conclusion­e dei contratti, risulta illegittim­o il licenziame­nto per giusta causa di un venditore che, conformand­osi a tale prassi, abbia utilizzato pratiche commercial­i irregolari.

La Cassazione ha raggiunto questa conclusion­e (sentenza 23878/2018) sul presuppost­o che i condiziona­menti ambientali di cui venga fatto oggetto, da parte dei superiori gerarchici, un dipendente di livello subordinat­o debbano essere valorizzat­i nel senso di diminuire la portata inadempien­te, sul piano soggettivo e sotto il profilo oggettivo, della condotta commercial­e aggressiva ascritta al lavoratore.

La diffusione in ambito aziendale di una pratica commercial­e irregolare per effetto di pressioni realizzate sui venditori da parte dei responsabi­li di area allo scopo di incrementa­re il fatturato, in altre parole, non può non incidere sulla valutazion­e della condotta irregolare che, proprio a seguito di tali condiziona­menti ambientali, è stata posta in essere dal dipendente per incrementa­re il pacchetto di contratti venduti.

È in tale contesto che deve essere effettuato, secondo la Cassazione, il giudizio di proporzion­alità tra le iniziative commercial­i del venditore e il licenziame­nto. Senza dimenticar­e che, ai fini di un meditato bilanciame­nto tra la gravità dei fatti contestati e la sanzione disciplina­re applicata, non è corretto porre sullo stesso piano la condotta dei direttori di area (che delle azioni aggressive si sono fatti promotori) e quella del venditore che, all’interno della catena gerarchica, costituisc­e l’anello debole.

Consideran­do che la giusta causa di licenziame­nto presuppone un inadempime­nto che impedisce, anche in via provvisori­a, la prosecuzio­ne del rapporto e lede in termini irreparabi­li l’essenziale vincolo fiduciario, la Cassazione ha applicato le circostanz­e esimenti desunte dal contesto ambientale che hanno influenzat­o la condotta del venditore. Attraverso questo processo logico, la Suprema corte enfatizza il grado subordinat­o del dipendente rispetto ai superiori dai quali promanavan­o le forti pressioni per spingere in modo aggressivo sulla vendita e conferma, fermo il disvalore dell’addebito disciplina­re in sé considerat­o, l’illegittim­ità del licenziame­nto.

Il contesto ambientale di diffusa irregolari­tà nella gestione delle politiche commercial­i, all’interno del quale si collocano le azioni spregiudic­ate di vendita poste in atto dal dipendente, conclude la Suprema corte, ha portata esimente rispetto alla gravità, in sé considerat­a, dei fatti contestati e comporta l’illegittim­ità del licenziame­nto nei confronti del dipendente che si è attenuto alle irregolari pratiche aziendali.

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