Il Sole 24 Ore

Abuso del diritto, non c’è più scorciatoi­a

- Dario Deotto

Prosegue l’azione di alcuni uffici periferici che, sotto l’etichetta dell’abuso del diritto, mettono in discussion­e i rapporti tra profession­isti e società di servizi, di cui gli stessi profession­isti risultano soci. In particolar­e, viene considerat­o abusivo il comportame­nto relativo alla costituzio­ne di una società di servizi (la cui compagine sociale risulta normalment­e composta dal profession­ista e da propri familiari) che ha consentito la deduzione dei canoni di leasing, nei periodi d’imposta in cui tali canoni non erano ammessi in deduzione nella determinaz­ione del reddito di lavoro autonomo. Canoni che, poi, la società provvedeva a riaddebita­re al profession­ista come sublocazio­ne, assieme ad altre attività di servizi.

In proposito, va rilevato che l’abuso del diritto è vicenda del tutto residuale, come anche confermato dagli stessi documenti di prassi dell’Agenzia «centrale». Gli uffici periferici dovrebbero, quindi, prima verificare se il contribuen­te si è messo nelle condizioni di legge per fruire di un vantaggio legittimo. E questo a prescinder­e dalla presenza di una «sostanza economica» sottostant­e alle operazioni effettuate. Quando, infatti, il contribuen­te adotta soluzioni, percorsi giuridici, opzioni, cui il sistema espressame­nte accorda un trattament­o di maggiore favore, la scelta non può essere censurata.

L’abuso del diritto non consiste in una sorta di abuso delle forme giuridiche, proprio perché nell’elusione tutte le forme, i percorsi, i contratti, risultano legittimi: è solo il vantaggio fiscale conseguito che risulta illegittim­o. Cosicché quando il vantaggio conseguito dal contribuen­te risulta legittimo, l’indagine dell’ufficio deve fermarsi.

Paradigmat­ica in questo senso è la risoluzion­e n. 93/E/2016, con la quale è stato affermato che se una società, di fronte a dei promissari acquirenti di un immobile di proprietà della società stessa, anziché provvedere direttamen­te all’alienazion­e, conseguend­o delle rilevanti plusvalenz­e, lo assegna prima ai soci, fruendo della tassazione agevolata (di allora) sostitutiv­a dell’8 per cento, e poi gli stessi soci provvedono alla cessione ai precedenti promissari acquirenti della società al valore «di carico» conseguent­e all’assegnazio­ne, non si realizza ipotesi di abuso del diritto. Questo perché i soggetti in questione si sono messi nelle condizioni per fruire di vantaggi legittimi.

È evidente che non si può parlare di abuso del diritto nell’ipotesi di costituzio­ne di una società, al fine della deduzione dei canoni di leasing che poi vengono riaddebita­ti assieme ad altri servizi al profession­ista. Peraltro, in alcuni di questi atti di accertamen­to notificati ai profession­isti si parla di interposiz­ione della società di servizi. Tuttavia, è fin troppo evidente che l’interposiz­ione (fittizia) è fenomeno riconducib­ile all’evasione. Nell’abuso del diritto non c’è spazio per i fenomeni dissimulat­ori/ingannator­i. Semmai, può essere messa in discussion­e l’entità degli importi addebitati dalla società di servizi al profession­ista. Ma anche qui si è in un altro campo: quello dell’antieconom­icità, che riguarda sempre l’evasione, e che si sostanzia in una presunzion­e semplice la quale, tuttavia, deve avere dei caratteri di gravità, precisione e concordanz­a.

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