Abuso del diritto, non c’è più scorciatoia
Prosegue l’azione di alcuni uffici periferici che, sotto l’etichetta dell’abuso del diritto, mettono in discussione i rapporti tra professionisti e società di servizi, di cui gli stessi professionisti risultano soci. In particolare, viene considerato abusivo il comportamento relativo alla costituzione di una società di servizi (la cui compagine sociale risulta normalmente composta dal professionista e da propri familiari) che ha consentito la deduzione dei canoni di leasing, nei periodi d’imposta in cui tali canoni non erano ammessi in deduzione nella determinazione del reddito di lavoro autonomo. Canoni che, poi, la società provvedeva a riaddebitare al professionista come sublocazione, assieme ad altre attività di servizi.
In proposito, va rilevato che l’abuso del diritto è vicenda del tutto residuale, come anche confermato dagli stessi documenti di prassi dell’Agenzia «centrale». Gli uffici periferici dovrebbero, quindi, prima verificare se il contribuente si è messo nelle condizioni di legge per fruire di un vantaggio legittimo. E questo a prescindere dalla presenza di una «sostanza economica» sottostante alle operazioni effettuate. Quando, infatti, il contribuente adotta soluzioni, percorsi giuridici, opzioni, cui il sistema espressamente accorda un trattamento di maggiore favore, la scelta non può essere censurata.
L’abuso del diritto non consiste in una sorta di abuso delle forme giuridiche, proprio perché nell’elusione tutte le forme, i percorsi, i contratti, risultano legittimi: è solo il vantaggio fiscale conseguito che risulta illegittimo. Cosicché quando il vantaggio conseguito dal contribuente risulta legittimo, l’indagine dell’ufficio deve fermarsi.
Paradigmatica in questo senso è la risoluzione n. 93/E/2016, con la quale è stato affermato che se una società, di fronte a dei promissari acquirenti di un immobile di proprietà della società stessa, anziché provvedere direttamente all’alienazione, conseguendo delle rilevanti plusvalenze, lo assegna prima ai soci, fruendo della tassazione agevolata (di allora) sostitutiva dell’8 per cento, e poi gli stessi soci provvedono alla cessione ai precedenti promissari acquirenti della società al valore «di carico» conseguente all’assegnazione, non si realizza ipotesi di abuso del diritto. Questo perché i soggetti in questione si sono messi nelle condizioni per fruire di vantaggi legittimi.
È evidente che non si può parlare di abuso del diritto nell’ipotesi di costituzione di una società, al fine della deduzione dei canoni di leasing che poi vengono riaddebitati assieme ad altri servizi al professionista. Peraltro, in alcuni di questi atti di accertamento notificati ai professionisti si parla di interposizione della società di servizi. Tuttavia, è fin troppo evidente che l’interposizione (fittizia) è fenomeno riconducibile all’evasione. Nell’abuso del diritto non c’è spazio per i fenomeni dissimulatori/ingannatori. Semmai, può essere messa in discussione l’entità degli importi addebitati dalla società di servizi al professionista. Ma anche qui si è in un altro campo: quello dell’antieconomicità, che riguarda sempre l’evasione, e che si sostanzia in una presunzione semplice la quale, tuttavia, deve avere dei caratteri di gravità, precisione e concordanza.