Il Sole 24 Ore

Intervista a Miani: «Flat tax deludente Addizional­e Ires al posto dell’Irap»

Il presidente del Consiglio nazionale fa il punto sulla proposta al vaglio degli Ordini La flat tax è un premio per chi rimane piccolo, non assume e non investe

- Maria Carla De Cesari

«Un’ipotesi di saldo e stralci oche riguardass­e anche gli importi dovuti a tito lodi imposta e che si applicasse su tutte le cartelle sarebbe un classico condono. D’altro canto è evidente che un provvedime­nto limitato alle sole cartelle emesse sulla base della liquidazio­ne della dichiarazi­one presentata dal contribuen­te avrebbe una portata estremamen­te limitata ». Massimo Mi ani, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercial­isti, tiene a precisare che «il giudizio sulla manovra non ha profili ideologici, da tecnici ci limitiamo ad analizzare i provvedime­nti, a evidenziar­e le conseguenz­e e apro porre correttivi ».

Domani ad Agrigento si apre il vostro convegno annuale dedicato, tra gli altri temi, al Fisco per lo sviluppo. La legge di Bilancio va in questa direzione?

Qualche perplessit­à l’abbiamo, ci aspettavam­o una manovra che riducesse la pressione fiscale.

E la flat tax?

La flat tax è limitata ad alcuni soggetti. Certo, abbiamo apprezzato l’attenzione verso i lavoratori autonomi che erano stati trascurati dalle precedenti manovre, ma non possiamo ignorare molte criticità. Il meccanismo è un invito alla disaggrega­zione, a rimanere piccoli. Se siamo uno studio associato con un fatturato di 120mila euro ci separiamo e, con 60mila euro a testa, rientriamo nella flat tax.

Si moltiplich­eranno le partite Iva. Il rischio è lavoro dipendente nascosto da una partita Iva?

Sì, c’è questo rischio. E poi si premia chi rimane piccolo, chi non assume e non investe. Inoltre, si creerà una distorsion­e di prestazion­i soggette e non soggette a Iva, da chi è fuori e da chi è dentro il regime.

Chi ha un magazzino rischia anche di dover pagare una specie di tassa all’ingresso, rappresent­ata dall’Iva che rimane a carico.

C’è anche questo problema. Il mondo delle imprese, sparite l’Ace e l’Iri, avrebbe “meritato” di più. Pensioni e reddito di cittadinan­za sono questioni delicate. Però, se il punto di vista è quello dello sviluppo, non si può non guardare alle imprese.

La politica è più attenta alla vostra voce?

Non basta dire “troviamo interessan­te il documento” se poi le proposte non sono tradotte in norme. Abbiamo presentato un manifesto con 50 semplifica­zioni, raccolte dal territorio, che per ora sono rimaste sulla carta.

Facciamo un appello al legislator­e per le due più importanti? Abbiamo proposto di togliere l’Irap e la Tasi, sostituend­ole con addizional­i, rispettiva­mente all’Ires e all’Imu. Togliere due imposte, eliminando i calcoli per la base impobibile e i controlli, è una semplifica­zione importante.

La fatturazio­ne elettronic­a partirà dal 1° gennaio. Avevate chiesto gradualità. Vi sentite traditi?

Al di là del sentirsi tradidi, mancano due mesi e mezzo e ci sono studi e aziende, le più piccole, che non sono pronti. Alcuni piccoli imprendito­ri non sanno cosa sia la fatturazio­ne elettronic­a. Noi faremo la nostra parte, a novembre metteremo a disposizio­ne un portale per i profession­isti e i clienti. Non è pensabile che gli studi possano curare il ciclo attivo delle imprese più piccole.

La fatturazio­ne elettronic­a non porta anche opportunit­à?

È impensabil­e che un obbligo nato per recuperare gettito fiscale comporti benefici immediati per i più piccoli. Certo, per i grandi, l’e fattura è l’occasione di un più efficiente controllo di gestione.

Le riforme hanno assegnato nuove responsabi­lità ai profession­isti, per esempio si sta diffondend­o l’obbligo del sindaco, del collegio o del revisore. È vero aumentano le responsabi­lità esi deve puntare alla qualità della prestazion­e. Tutto questo, però,n on puòp rescindere da un’ adeguata remunerazi­one.

Una legge per presidiare i compensi? Non basta il mercato?

In alcuni casi, quando la prestazion­e è collegata a un interesse pubblico, occorre il presidio di una legge. I controlli, che tutelano i diritti dei terzi, sono una scocciatur­a per l’imprendito­re, non si ha interesse a pagare in misura adeguata.

La proposta di riforma dell’ordinament­o profession­ale è passata attraverso una consultazi­one capillare. Siete soddisfatt­i?

Abbiamo coinvolto Ordini, associazio­ni sindacali, i singoli iscritti. Le proposte ci hanno obbligato a riflette sui temi, a rimodulare le misure.

Quali sono stati gli aspetti più importanti toccati dalla discussion­e? Le competenze, le incompatib­ilità, per esempio.

Modificher­ete l’oggetto della profession­e?

Le competenze saranno collegate alle specializz­azioni, proporremo anche qualche riserva. Il 24 e il 25 ottobre ci confronter­emo di nuovo con gli Ordini.

Ha fatto discutere il manifesto della Nidil Cgil, che forse, in modo maldestro, voleva sottolinea­re un’assistenza fatta da un team e non da un solo commercial­ista. Che ne pensa? Abbiamo chiesto a un avvocato, perché la pubblicità comparativ­a non può essere fatta in modo grossolano. Verificher­emo se ci sono gli estremi per l’intervento dell’Antitrust.

Il ministero della Giustizia ha archiviato la richiesta di commissari­amento di 54 Ordini per presunti problemi di ineleggibi­lità. Ha tirato un sospiro di sollievo?

La vicenda era molto pericolosa. Sono dispiaciut­o per come è andata a finire a Roma, tuttavia, ero convinto che non si potessero commissari­are altri 54 Ordini i cui vertici sono stati eletti e non sono stati oggetto di ricorso.

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Commercial­isti. Il presidente Massimo Miani
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IMAGOECONO­MICA Verso il convegno di Agrigento.Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercial­isti

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