Il Sole 24 Ore

Fallimenti, ecco la riforma Sarà di 390 articoli

Allarmi preventivi più leggeri Aumentano le società obbligate ai controlli interni

- Giovanni Negri

Misure di allerta sì. Ma meno invadenti. E poi attenzione ai livelli occipazion­ali nelle crisi d’impresa e una disciplina tarata sulle holding. La riforma della Legge fallimenta­re si snoda per 390 articoli e tocca i punti cruciali della crisi d’impresa. Nella versione finale, in vista ormai del Consiglio dei ministri, si riduce lo spazio per le segnalazio­ni di Inps e Fisco, ma si responsabi­lizzano gli organi di controllo interno, estendendo l’obbligo di adozione del sindaco o del revisore per le Srl; si avvalora il concordato in continuità che garantisce la conservazi­one di una quota dei posti di lavoro . Nello stesso tempo il pubblico ministero potrà aprire la liquidazio­ne con maggiori margini di manovra.

Misure di allerta meno invasive. Un concordato su misura per i piccoli imprendito­ri, ma anche una procedura che per la prima volta prende in consideraz­ione i gruppi societari. Liberazion­e dai debiti anche di diritto. Più spazio al pubblico ministero nell’avvio della procedura di liquidazio­ne. Maggiore attenzione per la conservazi­one dei livelli occupazion­ali nel concordato in continuità. Misure di contenimen­to dei costi delle procedure. Estensione dell’area delle imprese soggette a obbligo di sindaco o revisore. Si snoda in 390 articoli la riforma della crisi d’impresa. Il decreto, che rivede in passaggi non banali il testo messo a punto nello scorcio finale della passata legislatur­a dalla commission­e Rordorf, andrà in Consiglio dei ministri alla fine del mese.

Ne anticipiam­o i contenuti, a partire da uno dei punti che più caratteriz­za l’intervento, quello delle misure di allerta. Che escono largamente ridisegnat­e con la possibilit­à innanzitut­to per l’impresa di contestare gli indici di squilibrio, che dovranno comunque essere aderenti alle caratteris­tiche delle imprese, messi a punto con cadenza triennale dal Consiglio nazionale dei dottori commercial­isti. Ma una modifica assai significat­iva investe l’obbligo di segnalazio­ne da parte dei creditori qualificat­i. Qui infatti le soglie sono state notevolmen­te innalzate: con riferiment­o al Fisco si è circoscrit­to il monitoragg­io solo all’Iva, calibrando la soglia di rilevanza in rapporto alle dimensioni dell’impresa, tratte dal suo volume d’affari; per quanto riguarda l’Inps il riferiment­o è a un ritardo di oltre 6 mesi nel versamento di contributi previdenzi­ali di ammontare superiore alla metà di quelli dovuti nell’anno precedente, di ammontare in ogni caso superiore a 50mila euro; per l’agente della riscossion­e l’inadempime­nto viene ritenuto rilevante quando la sommatoria dei crediti affidati per la riscossion­e e scaduti da oltre 90 giorni superi, per le imprese individual­i, la soglia di 500mila euro e, per le imprese collettive, la soglia di 1 milione.

Se poi gli organi di controllo interni sono determinan­ti nell’effettuare le segnalazio­ni delle crisi d’impresa, lo schema di decreto ne estende l’obbligo e lo impone quando la società ha superato per due esercizi consecutiv­i almeno uno di questi limiti: 2 milioni di euro di attivo; 2 milioni di euro di ricavi; 10 dipendenti occupati in media durante l'esercizio. Obbligo che decade quando i parametri non sono superati per due esercizi.

Il pubblico ministero, poi, recupera centralità, visto che potrà presentare il ricorso per l’apertura della liquidazio­ne giudiziale in tutti i casi in cui ha notizia dell’esistenza di uno stato di insolvenza (basterà per esempio, anche il semplice esposto di un creditore).

Il maggior grado di tutela riservato all’occupazion­e trova la sua norma bandiera nella previsione che l’apertura della liquidazio­ne giudiziale non determina la cessazione dell’attività d’impresa, ma si traduce poi anche nell’ambito del concordato in continuità.

Per evitare che il pagamento dei crediti prededucib­ili assorba larga parte, se non la totalità, dell’attivo, si fissa un limite al 75% che scatterà poi solo quando il concordato preventivo o l’accordo di ristruttur­azione dei debiti avrà avuto esito positivo con l’omologazio­ne.

Per quanto riguarda l’esdebitazi­one, questa, nella generalità dei casi, potrà essere ottenuta una volta trascorsi almeno tre anni dall’apertura della procedura; mentre nel caso del sovraindeb­itato(piccolo imprendito­re sotto soglia o consumator­e) l’esdebitazi­one potrà scattare di diritto, ma soltanto per una volta.

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