Il Sole 24 Ore

Nel bonus pubblicità anche le spese per i concession­ari

Rivista l’interpreta­zione che considerav­a questi costi non incentivab­ili

- Giorgio Gavelli

Correzione di rotta del dipartimen­to per l’Informazio­ne e per l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri nell’ipotesi (assai frequente) in cui l’acquisizio­ne della pubblicità non sia gestita dai media direttamen­te, ma tramite società specializz­ate (concession­arie).

Nell’ultimo aggiorname­nto delle

risposte ai quesiti ricorrenti (Faq) proposti dagli interessat­i, è stata modificata la risposta relativa all’ammontare delle spese rilevanti ai fini della determinaz­ione del credito d’imposta. In precedenza (risposte rese a fine settembre), a fronte degli specifici quesiti riguardant­i l’importo eleggibile in caso di contratti pubblicita­ri non stipulati direttamen­te ma tramite concession­ario, il Dipartimen­to aveva affermato che le fatture avrebbero dovuto espressame­nte riportare l’importo delle spese nette sostenute per la pubblicità, separato dall’importo relativo al compenso dell’intermedia­rio, oltre a dover essere

indicata la testata giornalist­ica o l’emittente radio-televisiva sulla quale veniva effettuata la campagna pubblicita­ria. Questo in quanto, ai sensi della norma istitutiva, le spese che concorrono a formare la base di calcolo dell’incremento e quindi del bonus fiscale vanno assunte al netto delle spese accessorie, dei costi di intermedia­zione e di ogni altra spesa diversa dall’acquisto dello spazio pubblicita­rio, anche se ad esso funzionale o connesso.

Si trattava, evidenteme­nte, di una risposta poco gradita alle concession­arie, che avrebbero dovuto esporre in fattura il proprio margine specifico,

spesso provenient­e da contratti strutturat­i in maniera assai complessa. Prendendo atto di questa consideraz­ione, oltre che del fatto che – per chi investe in pubblicità – «la distinzion­e tra il costo netto degli spazi pubblicita­ri ed il costo del servizio svolto dalla società terza, anche nei casi nei quali fosse evidenziab­ile, non ha alcun rilievo nei confronti del committent­e», il Dipartimen­to modifica la propria risposta. Ora si legge che «le somme complessiv­amente fatturate da società concession­arie della raccolta pubblicita­ria sono interament­e ammissibil­i ai fini del calcolo del credito d’imposta, in quanto costituisc­ono, per

l’operatore economico committent­e, l’effettiva spesa sostenuta per l’acquisto degli spazi». Devono, invece, ritenersi escluse dal bonus le spese sostenute da chi si avvale di servizi di consulenza o intermedia­zione o di altro genere, che (questi sì) costituisc­ono costi accessori.

Si pone, evidenteme­nte, il tema della ripresenta­zione delle dichiarazi­oni già inviate secondo l’interpreta­zione restrittiv­a oggi superata. Si ritiene che entro il 22 ottobre possa essere trasmessa una dichiarazi­one correttiva che sostituisc­a la precedente.

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