Nel bonus pubblicità anche le spese per i concessionari
Rivista l’interpretazione che considerava questi costi non incentivabili
Correzione di rotta del dipartimento per l’Informazione e per l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri nell’ipotesi (assai frequente) in cui l’acquisizione della pubblicità non sia gestita dai media direttamente, ma tramite società specializzate (concessionarie).
Nell’ultimo aggiornamento delle
risposte ai quesiti ricorrenti (Faq) proposti dagli interessati, è stata modificata la risposta relativa all’ammontare delle spese rilevanti ai fini della determinazione del credito d’imposta. In precedenza (risposte rese a fine settembre), a fronte degli specifici quesiti riguardanti l’importo eleggibile in caso di contratti pubblicitari non stipulati direttamente ma tramite concessionario, il Dipartimento aveva affermato che le fatture avrebbero dovuto espressamente riportare l’importo delle spese nette sostenute per la pubblicità, separato dall’importo relativo al compenso dell’intermediario, oltre a dover essere
indicata la testata giornalistica o l’emittente radio-televisiva sulla quale veniva effettuata la campagna pubblicitaria. Questo in quanto, ai sensi della norma istitutiva, le spese che concorrono a formare la base di calcolo dell’incremento e quindi del bonus fiscale vanno assunte al netto delle spese accessorie, dei costi di intermediazione e di ogni altra spesa diversa dall’acquisto dello spazio pubblicitario, anche se ad esso funzionale o connesso.
Si trattava, evidentemente, di una risposta poco gradita alle concessionarie, che avrebbero dovuto esporre in fattura il proprio margine specifico,
spesso proveniente da contratti strutturati in maniera assai complessa. Prendendo atto di questa considerazione, oltre che del fatto che – per chi investe in pubblicità – «la distinzione tra il costo netto degli spazi pubblicitari ed il costo del servizio svolto dalla società terza, anche nei casi nei quali fosse evidenziabile, non ha alcun rilievo nei confronti del committente», il Dipartimento modifica la propria risposta. Ora si legge che «le somme complessivamente fatturate da società concessionarie della raccolta pubblicitaria sono interamente ammissibili ai fini del calcolo del credito d’imposta, in quanto costituiscono, per
l’operatore economico committente, l’effettiva spesa sostenuta per l’acquisto degli spazi». Devono, invece, ritenersi escluse dal bonus le spese sostenute da chi si avvale di servizi di consulenza o intermediazione o di altro genere, che (questi sì) costituiscono costi accessori.
Si pone, evidentemente, il tema della ripresentazione delle dichiarazioni già inviate secondo l’interpretazione restrittiva oggi superata. Si ritiene che entro il 22 ottobre possa essere trasmessa una dichiarazione correttiva che sostituisca la precedente.