Wall Street sbanda, lusso e hi-tech pagano il rischio Cina
Corporate Usa. Ondata di vendite nel finale, la guerra commerciale «spettro» verso le elezioni di novembre Rotazione degli investimenti dalle azioni ai bond
Il mercoledì nero di Wall Street ieri ha affossato le borse asiatiche e europee. Più contenuti i cali sul mercato americano, seppure in un quadro che permane di alta volatilità, con l’indice Vix ai massimi da febbraio, e i listini che per tutta la seduta hanno continuato a oscillare su e giù tra la parità, centrando un’ondata di vendite che ha portato tutti i principali indici a perdere fino al 2 per cento. La flessione è stata in parte riassorbita nel finale di seduta.
Secondo Donald Trump è tutta colpa della Fed «diventata pazza» e dei vertici - che lui pure ha nominato - colpevoli di aver innalzato troppo in fretta i tassi d’interesse. Curioso che la difesa a Jerome Powell e al board della banca centrale americana arrivi dalla presidente del Fmi Christine Lagarde: persone «estremamente serie e solide». Le strette «sono necessarie e legittime». Con il moderato consigliere economico della Casa Bianca Larry Kudlow che cerca di smorzare le polemiche: «Tutti sappiamo che la Fed è indipendente». Quello che preoccupa Trump e anche gli operatori finanziari, alla base dello scossone sui mercati di mercoledì è l’elevato rendimento dei T Bond, con quello del decennale ai massimi da sette anni: ieri è leggermente diminuito al 3,15%. I timori di una grossa rotazione di portafoglio del mercato azionario all’obbligazionario sono sempre lì. Così come i segnali del rischio di un’imminente frenata dell’economia che potrebbe seguire a ulteriori rialzi dei tassi. Rialzi dei tassi a dicembre che non sembrano allontanarsi nonostante le parole tuonanti del presidente Trump. Almeno stando a quello che dice il mercato: guardando i future sui Fed Funds le probabilità di un ritocco a dicembre sono scese solo dall’83% di mercoledì al 78% di ieri. Restando a livelli alti.
Continuano a soffrire i titoli del comparto tecnologico che per mesi hanno fatto da traino al mercato. Da inizio ottobre Facebook ha perso il 7%, Amazon e Netflix il 15% ed Alphabet il 10%. Scossone anche nel settore del lusso dopo l’allarme di Lvmh sul rischio frenatane i consumi della Cina, accerchiata tra debiti, rallentamento della crescita economica e dazi americani.
I timori dell’inflazione non sembrano pesare più di tanto, come dimostra il rallentamento dell’indice dei prezzi al consumo a settembre, né tantomeno ha pesato l’uragano Michael ormai passato.
Lo scossone di mercoledì resterà un brutto ricordo di una settimana difficile per i mercati finanziari?
Oggi potrebbero aiutare i listini le trimestrali di quattro big bank: JP Morgan Chase, Citigroup, Wells Fargo e PNC Financial. Tre su quattro dovrebbero essere molto buone.
JP Morgan, prima banca americana per asset, ha battuto le stime sugli utili degli analisti di Wall Street negli ultimi undici trimestri, compreso il secondo trimestre nel quale ha riportato un record sui profitti saliti a 8,32 miliardi di dollari, grazie alle ottime performance della divisione trading.
Negli ultimi trenta giorni il consensus degli analisti su JP Morgan è stato ritoccato all’insù: gli utili dovrebbero salire di circa il 30%, i ricavi di circa il 10 per cento. Motivo per cui negli ultimi tre mesi le azioni hanno guadagnato oltre il 10%, +7,18% da inizio anno. Bene anche Citigroup che negli ultimi quattro trimestri ha sempre battuto gli analisti sulle stime degli utili per azione. Per il terzo trimestre gli analisti prevedono utili per azioni a 1,65 dollari e ricavi a 18,4 miliardi di dollari. Contro 1,42 $ di utili per azione e ricavi per 18,1 miliardi, nello stesso trimestre di un anno fa.
Ieri trimestrali di Delta che ha battuto stime su utili e ricavi (+4%) e di Walgreens Boots Alliance, guidata dall’italiano Stefano Pessina, che ha superato le previsioni sui profitti.