Private debt, cresce la raccolta destinata all’economia reale
Il Fondo Italiano d’Investimento studia uno strumento dedicato
Il Fondo Italiano d’Investimento studia il lancio di un nuovo strumento per il private debt dopo i fondi dedicati per il private equity e venture capital. Per ora non c’è ancora nulla di deliberato in attesa di capire le coordinate del nuovo piano di Cdp, tuttavia l’intervento del Fondo Italiano potrebbe essere determinante per fare crescere un settore quello del private debt impegnato nel finanziamento alle piccole e medie imprese. «Il Fondo Italiano ha un ruolo di traino per regolare il mercato che ha cicli diversi rispetto a quello bancario - ha spiegato Innocenzo Cipolletta presidente di Aifi (Associazione italiana di private equity, venture capital e private debt) nel corso della presentazione dei dati primo semestre insieme a Deloitte -. Avere in portafoglio anche un fondo di private debt rappresenta un investimento alternativo e garantisce l’afflusso di fondi all’economia reale in una fase in cui le banche potrebbero essere portate a ridurre l’esposizione», ha aggiunto.
Con un rendimento del 5,5% i fondi di private debt dal loro lancio nel 2013 hanno canalizzato all’economia reale 617 milioni di euro una cifra che si confronta con 133 milioni di euro del venture capital e 338 milioni di private equity, «numeri che dimostrano come lo strumento del private debt sia ormai una realtà consolidata anche in Italia e sia di supporto all’economia reale - ha dichiarato Anna Gervasoni, direttore generale Aifi -. Non è un caso che l’80% dei deal chiusi nel semestre abbia avuto come obiettivo la crescita per linee esterne e interne delle società».
I dati del semestre mostrano il forte aumento degli investimenti in strumenti di debito delle aziende italiane da parte dei fondi specializzati: 448 milioni di euro investiti, +79% rispetto al primo semestre del 2017, su 59 operazioni distribuite su 50 aziende target. Poco più della metà delle sottoscrizioni ha riguardato obbligazioni emesse dalle imprese, il 46% dei crediti e il 2% strumenti ibridi. L’84% dell’ammontare è stato investito da soggetti internazionali. Nel periodo sono stati raccolti sul mercato 141 milioni di euro che diventano 1,9 miliardi dall’inizio dell'attività (2013) a oggi. Guardando alle fonti, sempre a partire dal 2013, il 90% proviene da investitori domestici, mentre il 10% dall'estero. Nella tipologia della fonte, il 24% del capitale è arrivato dai fondi di fondi istituzionali, il 22% dalle banche, e il 17% dalle assicurazioni.
«Il mercato italiano del private debt è in forte crescita, solo pochi anni fa non esisteva e oggi raccoglie già una massa di liquidità importante - ha commentato Daniele Candiani, partner di Deloitte – qui in Italia è ancora un settore giovane, ma in altri mercati internazionali, in particolare in Gran Bretagna, questo strumento rappresenta la fonte prevalente del debito a supporto di acquisizioni; oltre il 60% delle operazioni è finanziato infatti da questo strumento». In crescita le operazioni di disinvestimento pari a 68 nel semestre (da 24 dell’intero 2017) per un controvalore di 95 milioni di euro. Complessivamente, dal 2015 a oggi, sono stati realizzati 103 disinvestimenti pari a 246 milioni di euro, mentre il 66% degli strumenti di debito è ancora in portafoglio.