Le Ipo nel litio bocciate dagli investitori
Con l’aria che tira sui mercati, non sarebbe stato un buon momento per nessuno. Ma per due giganti del litio, giunti entrambi ieri alla quotazione in Borsa, l’Ipo si è rivelata disastrosa. Il listino di Hong Kong ha salutato con un crollo del 29% il debutto di Ganfeng Lithium, gruppo cinese responsabile di oltre il 10% dell’offerta del metallo per batterie e fornitore di Tesla, Bmw e Lg Chem. Qualche ora più tardi a New York l’americana Livent, scorporata da FMC Corp, ha perso oltre il 4 per cento.
Anche ieri è stata una giornata negativa per le borse e in particolare per quelle asiatiche, che all’indomani dello scivolone di Wall Street hanno chiuso a minimi pluriennali. L’indice Hang Seng, tornato ai livelli di maggio 2017, ha comunque perso il 3,5% con l’S&P500 in calo del 2% circa.
Gangfeng e Livent – apripista all’Ipo di un altro colosso cinese del settore, Tianqi Lithium – sono andate peggio, probabilmente per un problema di fondamentali. Il litio, che la febbre da auto elettrica aveva fatto raddoppiare di prezzo tra il 2016 e il 2017, quest’anno è in forte ribasso, schiacciato dal rapido aumento della produzione mineraria: l’indice Bmi, che riflette i prezzi globali, è in ribasso dell’8%, ma in Cina il valore del carbonato di litio è addirittura dimezzato.
Sia gli americani sia i cinesi avevano già dovuto ridimensionare le aspettative sull’Ipo, scegliendo un prezzo di collocamento inferiore alla forchetta indicata in precedenza: 17 dollari Usa per Livent (invece di 18-20 $) e 16,50 dollari di Hong Kong (2,1 $) per Ganfeng, che aveva aspirato a ottenere fino a 26,50 HK$ per azione.
Ganfeng aveva anche rinviato la quotazione nella vana speranza di una congiuntura più favorevole: fino a pochi mesi fa puntava a raccogliere oltre un miliardo di dollari. Si è dovuta accontentare di 421 milioni, con un grazie soprattutto gli investitori «cornerstone» (LG Chem, Samsung Sdi e quattro società statali cinesi). Il pubblico retail ha sottoscritto solo il 40%.