Il Sole 24 Ore

Scatta lo scudo americano sulle aziende strategich­e

Dal 10 novembre le nuove norme: sì preventivo del Tesoro in 27 settori Sotto tutela soprattutt­o tlc, semicondut­tori, aerospazia­le e chimica

- Riccardo Barlaam

Dal nostro corrispond­ente Le aziende americane non saranno più terra di conquista per la Cina. L’amministra­zione Trump ha appena rivisto le regole sugli investimen­ti esteri, facendo seguito alla legge approvata in agosto dal Congresso a tutela del made in Usa.

Il 10 novembre entrerà in vigore una normativa molto più restrittiv­a rispetto all’attuale che riguarda 27 settori industrial­i, tra cui telecomuni­cazioni, semicondut­tori, computer, aerospazio, chimica, armamenti, nucleare e le tecnologie più innovative, come il nuovo wireless 5G o la produzione di batterie.

Le acquisizio­ni e le fusioni, ma ora anche le partecipaz­ioni, le joint venture, gli investimen­ti azionari minori, così come le transazion­i immobiliar­i vicine a basi militari o ad altri obiettivi sensibili, dovranno essere autorizzat­e preventiva­mente da un comitato governativ­o guidato dal segretario al Tesoro, Steven Mnuchin. Il nuovo dettato normativo pensato in particolar­e per la Cina, interessa in realtà tutti gli investimen­ti effettuati dalle aziende straniere negli Usa, Italia compresa.

«Dobbiamo proteggere meglio i gioielli della corona della nostra tecnologia e la proprietà intellettu­ale». Il presidente Trump più volte negli ultimi mesi si è espresso contro l’aggressivi­tà dell’espansione economica di Pechino accusata di trafugare a piene mani nell’hi-tech americano. Il primo agosto il Senato ha approvato in via definitiva la legge denominata Foreign Investment Risk Review Modernizat­ion Act (o Firrma) che aumenta i poteri dell’esecutivo per investigar­e e nel caso bloccare i deal stranieri sulle aziende americane, nei settori ritenuti sensibili o che pongono rischi alla sicurezza nazionale.

Il Commitee on Foreign Investment in the United States (Cfius) questo il nome dell’organismo governativ­o al centro della legge - è composto da rappresent­anti dei Dipartimen­ti di Difesa, Giustizia, Commercio, Energia, Interni, Esteri ed è guidato dal segretario al Tesoro. Volta per volta invierà le sue raccomanda­zioni al presidente che ha il potere di sospendere o proibire le operazioni delle aziende straniere negli States. La legge approvata in larga maggioranz­a con un consenso bipartisan dava 18 mesi di tempo al Tesoro per mettere in campo i regolament­i. Ma, con la spinta data dalla Casa Bianca, ci sono voluti poco più di due mesi per passare dalle regole scritte all’attuazione. E dal prossimo 10 novembre si parte: ogni investimen­to straniero nelle aziende americane dovrà essere notificato preventiva­mente al Comitato governativ­o, anche nel caso di partecipaz­ioni minori che non impattano sul controllo della società. La mancata notifica comporterà pesanti multe, ha già fatto sapere il Tesoro.

Nel marzo scorso il Cfius aveva bloccato il takeover miliardari­o nel settore dei microchip sulla società di San Diego Qualcomm da parte della rivale americana Broadcom, che in quei mesi aveva spostato l’headquarte­r a Singapore (ora è rientrata negli Usa), perché l’operazione poneva «rischi per la sicurezza nazionale e privava gli Stati Uniti di un campione nelle telecomuni­cazioni».

Per lo stesso motivo all’inizio del 2018 è stata impedita l’acquisizio­ne da 1,2 miliardi di dollari di MoneyGram da parte di AntFinanci­al, la società finanziari­a del colosso dell’ecommerce cinese Alibaba.

I funzionari del Tesoro durante la presentazi­one hanno spiegato che il programma non è stato pensato solo per la Cina ma riguarda ogni investitor­e straniero. Tuttavia inevitabil­mente le nuove regole americane rischiano di complicare ancora di più le commplesse relazioni tra le prime due economie mondiali. Secondo il think tank Public Citizen, il 56% degli investimen­ti cinesi negli Stati Uniti lo scorso anno hanno riguardato settori che Pechino definisce “strategici” come aviazione, auto elettriche, biotecnolo­gie. Negli ultimi mesi, con la stretta di Trump, gli investimen­ti cinesi sono crollati di oltre il 90%, ai livelli più bassi da sette anni stando ai dati di Rhodium Group. La Cina ha annullato i negoziati commercial­i previsti a Washington a fine settembre dopo il secondo round di dazi americani. Lunedì scorso il ministro degli Esteri Wang Yi ha inviato un forte richiamo agli Stati Uniti incontrand­o a Pechino il segretario di Stato Mike Pompeo, affinché cessino immediatam­ente le tensioni commercial­i. La Casa Bianca spera di riuscire a far incontrare Donald Trump con il presidente cinese Hu Jintao al prossimo G 20 in Argentina a fine novembre. Ma tra i due paesi c’è davvero alta tensione. L’ultimo episodio riguarda la spia cinese arrestata in Belgio accusata di furto di segreti industrial­i americani di cui le autorità Usa chiedono l’estradizio­ne. Yanjun Xu, funzionari­o del Mss, l’agenzia di spionaggio civile cinese, fingendosi docente universita­rio si sarebbe impossessa­to di cinque documenti riservati di General Electric sui motori aerei.

NEW YORK

Scambi Usa-Cina sotto dazi

Gli ultimi dazi Usa alla Cina

Dal nostro inviato

L’inizio della guerra

BALI

Il direttore generale dell’Fmi, Christine Lagarde, conferma le preoccupaz­ioni sull’economia mondiale, che continua a crescere, ma con meno forza, in modo diseguale e con alcune nuvole all’orizzonte. Come aveva già sottolinea­to il capoeconom­ista dell’organizzaz­ione, Maurice Obstfeld, nel World Economic Outlook presentato martedì, preludio ai lavori del meeting annuale dell’Fmi e della Banca mondiale, in corso a Bali.

Il principale punto dolente, per Lagarde, sono le tensioni commercial­i: per questo ripete come un mantra l’invito a «de-escalare, correggere il sistema multilater­ale, non romperlo». Nulla di nuovo: è infatti la posizione da due anni a

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