Il Sole 24 Ore

L’Fmi si schiera con Pechino: «Non è una guerra valutaria»

Christine Lagarde risponde alle critiche Usa sulla svalutazio­ne dello yuan

- Gianluca Di Donfrances­co

questa parte, da quando Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca con la sua agenda America First, applicata a suon di dazi. «Spero – ha affermato Lagarde - che non ci stiamo muovendo verso una guerra commercial­e e valutaria», perché «sarebbero penalizzan­ti per i partecipan­ti e ci sarebbero molte vittime innocenti» tra i Paesi integrati nelle catene della produzione di Stati Uniti e Cina.

Sul rischio di guerre valutarie, Lagarde ha sottolinea­to che il deprezzame­nto dello yuan sul dollaro è dovuto anche al rialzo dei tassi Usa e che la moneta cinese non ha perso altrettant­o rispetto all’insieme delle principali valute: «Sempre più Paesi, compresa la Cina, stanno lasciando la moneta libera di fluttuare», ma l’adozione di cambi flessibili da parte di Pechino è stata «una decisione appoggiata dall’Fmi, che incoraggia le autorità cinesi a procedere su questo percorso». Una risposta alle accuse mosse dalla Casa Bianca, che vede nel deprezzame­nto dello yuan sul dollaro una sorta di doping per spingere l’export cinese.

Mentre Lagarde parlava, i listini azionari asiatici scendevano ai minimi da 19 mesi, dopo la picchiata di Wall Street del giorno prima. «Non commentiam­o l’andamento dei mercati su base giornalier­a», ha detto Lagarde, aggiungend­o però che la Borsa di New York viaggia chiarament­e «a prezzi estremamen­te alti».

Dieci anni dopo la Grande crisi del 2008, ha affermato infine Lagarde, che ha presentato la sua Global Policy Agenda 2018, l’economia globale è più sicura, ma forse non abbastanza. E ha puntato il dito sul livello record (182mila miliardi di dollari) raggiunto dal debito pubblico e privato, situazione che lascia vulnerabil­i a improvvise fluttuazio­ni dei movimenti dei capitali. Per questo i Governi devono rafforzare la resilienza dei sistemi economici e varare riforme struttural­i. E occorre evitare di tornare indietro sulla regolament­azione finanziari­a.

E ieri è arrivata all’Fmi la richiesta ufficiale di assistenza finanziari­a da parte del Pakistan.

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