Il Sole 24 Ore

Il ministero boccia i correttivi di Aspi sulle vecchie barriere

Dopo la strage del bus la società cambiò ancoraggi su tutta la rete

- Maurizio Caprino

L’indagine che la Procura di Avellino sta aprendo sulle protezioni laterali di sicurezza su tutta la rete di Autostrade per l’Italia (Aspi) troverà subito un primo elemento importante: il rimedio che la società ha adottato subito dopo il cedimento della barriera new jersey che il 28 luglio 2013 ha fatto precipitar­e un bus dal viadotto Acqualonga della A16 facendo 40 morti è stato bocciato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici. Perché la sua efficacia non è stata adeguatame­nte dimostrata.

È proprio dalla tragedia di cinque anni fa che sta partendo la Procura, ancora impegnata nel processo: proprio l’altro ieri ha chiesto la condanna a 10 anni dei 12 dipendenti Aspi imputati (tra cui l’amministra­tore delegato Giovanni Castellucc­i) e la sentenza di primo grado è attesa per il 21 dicembre. Ben presto emersero elementi tali da far sospettare che le criticità fossero diffuse su tutta la rete Aspi: molte barriere di quel tipo, installate tra gli anni Ottanta e i Novanta in punti delicati come i viadotti, apparivano in cattive condizioni. Tanto che da Avellino partì anche una segnalazio­ne per Firenze, riguardo al tratto appenninic­o dell’Autosole. Il problema più grave apparve la corrosione degli ancoraggi (i cosiddetti tirafondi), dovuta anche allo spargiment­o di sale antighiacc­io sull’asfalto d’inverno.

Evidenteme­nte dubbi sorsero anche in Aspi: un mese dopo la strage, partì una compagna di controlli straordina­ri in tutta Italia. Dell’iniziativa, che non fu mai ufficialme­nte annunciata (poteva sembrare un’ammissione di colpa) ma di cui «Il Sole 24 Ore» diede notizia online il 29 agosto 2013, non si sono mai conosciuti gli esiti. Trapelò solo che, nei casi in cui si riteneva necessaria una sostituzio­ne, i tirafondi originali, di tipo Liebig, furono rimpiazzat­i con altri di tipo a barre filettate.

Probabilme­nte fu una sceltatecn­ica dovuta all’esperienza non positiva maturata coi Liebig e al progresso delle soluzioni alternativ­e. Ma ora si viene a sapere che il Consiglio superiored­eilavoripu­bblici(l’organocons­ultivo del ministero delle Infrastrut­ture, che esamina tutte le questioni tecniche più rilevanti) nel luglio scorso ha espresso un parere negativo.

Il problema sarebbe che non ci sono crash-test a confermare la validità dell’abbinament­o tra quelle barriere e i nuovi ancoraggi. Ci sarebbe solo uno studio commission­ato da Aspi a quotati docenti universita­ri, che però non documenter­ebbe a sufficienz­a che le prestazion­i ottenute con il nuovo abbinament­o sono equivalent­i a quelle originarie.

Le strutture tecniche di Aspi, interpella­te da «Il Sole 24 Ore», rispondono di non avere notizia del parere ma riafferman­o che la soluzione trovata consente di mantenere, in termini di prestazion­i, le capacità di contenimen­to della barriera. Inoltre, precisano che la soluzione non era di carattere generale, ma riferita a un intervento manutentiv­o e che la barriera in questione è di vecchia omologazio­ne. Quindi non sarebbe in alcun modo soggetta a marcatura CE (uno dei punti più controvers­i nel processo di Avellino) ai sensi della norma tecnica EN1317-5. Da ciò deriverebb­e che la soluzione può essere adottata indipenden­temente da questa norma, che secondo l’interpreta­zione di Aspi varrebbe in ogni sua parte solo per i nuovi impianti.

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