Carel duplica la base produttiva Focus sulla ricerca e sviluppo
Per l’ampliamento delle fabbriche previsti investimenti fino a 20 milioni - L’opzione della crescita per M&A Il nodo del protezionismo Usa: il gruppo dice che l’allargamento dell’impianto americano limita il peso dei dazi
Ampliare, raddoppiandola, la base produttiva. Inoltre: proseguire sull’innovazione tecnologica per allargare il portafoglio prodotti. Ancora: sfruttare, seppure la crescita resta soprattutto organica, la leva dell’M&A. Sono tra le priorità di Carel Industries a sostegno del business.L’attività, nel primo semestre del 2018, è stata caratterizzata da ricavi in rialzo (+9,1%) e redditività reported in calo (l’utile netto è sceso del 7,6%). Va detto, però, che la società nel giugno scorso si è quotata al segmento Star di Piazza Affari. Al netto dei costi dell’Ipo il Mol risulta in crescita del 10,6% e i profitti netti arrivano 19,33 milioni (+14,3%).
Le fabbriche
Al di là dei numeri di bilancio quali le strategie di crescita dell’azienda? Per rispondere è utile ricordare l’oggetto sociale del gruppo. Orbene: Carel progetta, produce e commercializza componenti e soluzioni tecnologiche per migliorare l’efficienza energetica e controllare impianti e macchinari di condizionamento dell’aria o di refrigerazione. Sul primo fronte (“air conditioning”) la società è attiva nei segmenti industriale, commerciale e residenziale. Riguardo, invece, alla “refrigeration” il focus è essenzialmente nei supermercati e “food service” (frigoriferi per distribuzione di snack e bevande).
Ciò detto una priorità di Carel, di cui la “Lettera al risparmiatore” ha incontrato i vertici, è per l’appunto ampliare (raddoppiare)la base produttiva. Alla fine del 2017 le sue fabbriche avevano una saturazione intorno all’80%. Di qui l’obiettivo, a fronte anche della volontà di sfruttare la crescita dei mercati di riferimento, d’incrementare le strutture produttive. Così è stato avviato l’allargamento dell’impianto in Cina che dovrebbe diventare operativo nel primo trimestre del 2019. Poi, nella fabbrica in Croazia, ci sarà l’introduzione di nuove linee di produzione. Infine gli Stati Uniti: il mese prossimo partirà l’allargamento dell’impianto. Il tutto per un investimento complessivo fino a 20 milioni di euro.
Il mondo estero
Già, gli investimenti. È chiaro che l’impegno è a sostegno della crescita organica (per l’M&A vedere domanda a fianco) anche, e soprattutto, all’estero. In tal senso un’area rilevante è il Nord America (essenzialmente gli Usa). Carel, negli Stati Uniti, ha una posizione più consolidata nel condizionamento dell’aria (circa 27,5 milioni di euro di ricavi nel 2017). Ciò detto il target, anche grazie al rafforzamento della rete commerciale, è spingere l’attività sia nell’ “air conditioning” che nella refrigerazione. Dagli Stati Uniti all’Asia-Pacifico del Nord. Qui, inevitabilmente, la Cina recita il ruolo da protagonista. Nel Paese del Dragone, anche grazie allo sforzo sugli impianti, Carel vuole ampliare i portafoglio clienti ai produttori locali. Vediamo di spiegarci. Il gruppo, finora, si è sviluppato sulla fascia premium dei prodotti. Il mercato interno, però, si è tecnologicamente sviluppato, dando vita ad un’area di potenziale sviluppo con prodotti efficienti ma meno costosi. L’obiettivo, pur rimanendo nelle nicchie hi-tech che caratterizzano la strategia globale dell’azienda, è avere dei presidi nel nuovo segmento. Cosi facendo, è l’intenzione di Carel, da una parte vengono acquisiti clienti; e, dall’altra, si riduce il rischio che player cinesi diventino pericolosi concorrenti. A fronte di un simile contesto è chiaro che, oltre al focus sull’Europa (dove Carel punta a consolidare la posizione nel condizionamento e a spingere nell’acquisizione di quote di mercato nella refrigerazione), il Nord America e l’Asia Pacifico sono attese alla maggiore accelerazione. Tanto che la loro incidenza sui ricavi, nel medio periodo, è stimata in rialzo.
La guerra dei dazi
Sennonché c’è una variabile politico-economica che può dare fastidio al programma di sviluppo internazionale di Carel: la politica protezionista, con conseguente guerra dei dazi, voluta da Washington. Un elemento che, vista la stessa attività produttiva del gruppo in Cina, non è secondario.
Carel smorza il timore. Dapprima perchè, da un lato, gli Usa sono serviti anche dall’Europa; e, dall’altro, perchè l’ampliamento della produzione negli Usa consente di limitare l’export dalla Cina verso l’America. Inoltre, spiega sempre Carel, c’è la possibilità di sfruttare la leva del prezzo. Ciò detto, però, può farsi un’ulteriore obiezione. Una delle dinamiche di fondo che spingono i mercati di riferimento di Carel, e quindi il suo stesso business, è la riduzione dell’impatto ambientale degli impianti di refrigerazione e condizionamento. Unitamente al risparmio energetico. Ebbene: l’attuale presidente Usa Donald Trump ha mostrato scarsissima attenzione al tema. Il che può incidere negativamente. Carel, nuovamente, non condivide il ragionamento. In primis, spiega la società, molti Stati (ad esempio la California) hanno, in contrasto con il Governo Federale, proseguito lungo la strada della riduzione dell’impatto ambientale. Inoltre, aggiunge l’azienda, l’obiettivo di riduzione degli sprechi energetici prescinde da norme o politiche governative. Viene perseguito comunque, soprattutto nei supermercati dove le marginalità sono basse. Infine, sottolinea Carel, la sua quota di mercato negli Usa è bassa: quindi c’è spazio per crescere.
Ma non è solo questione di articolazione geografica all’estero e duplicazione della base produttiva. Altro focus è l’innovazione tecnologica. La ricerca e sviluppo, per una realtà presente nelle nicchie a valore aggiunto, costituisce un aspetto essenziale. Così, tra le altre cose, il gruppo punta ad elaborare soluzioni che, mantenendo il risparmio energetico, sfruttino nuovi refrigeranti meno inquinanti (ad esempio la CO2). Senza dimenticare, poi, la digitalizzazione dei processi sia negli impianti installati (Internet delle cose) che in quelli interni all’azienda stessa (analisi dei big data per migliorare, ad esempio, i prodotti). Ciò detto però, guardando i numeri dal 2015 al 2017, ci si accorge che l’incidenza sui ricavi degli investimenti in R&D è calata: dal 6,8% è scesa al 5,7%. Certo: in valore assoluto è passata da 13,87 milioni (2015) ai 14,5 milioni dello scorso anno. Tuttavia il rallentamento in rapporto al fatturato è innegabile. Il che fa storcere il naso. Il gruppo rigetta l’obiezione. Carel, dapprima, ricorda che nel periodo in oggetto sono stati affrontati esborsi per ampliare la rete commerciale. Inoltre, sottolinea, il calo in percentuale sui ricavi è comunque limitato. Ciò detto, confermando la priorità degli investimenti in R&D, indica che questi si manterranno intorno al 6% del fatturato. Una percentuale, afferma sempre Carel, superiore a quella di molti competitor.
Fin qui alcune considerazioni sull’innovazione e l’espansione geografica. Quale, però, la dinamica tra il condizionamento dell’aria e la refrigerazione? Alla fine del 2017 la prima pesa per il 62% e la seconda per il 35% (il 3% è appannaggio dell’attività “no core”). Orbene: nel medio periodo l’incidenza dell’ “air conditioning” è destinata ad aumentare, arrivando a circa il 40%. Si tratta di una dinamica dovuta essenzialmente alla minore presenza storica di Carel nella refrigerazione. Oltre poi, ovviamente, alle strategie di sviluppo. Programmi che, nella “refrigeration”, tra le altre cose puntano al rapporto più diretto, sfruttando la leva dell’espansione della rete commerciale, con l’utente finale. Nell’ambito, invece, dell’ “air conditioning” importante, soprattutto in Europa dove Carel è maggiormente consolidata, è l’innovazione di prodotto.
A fronte di un simile contesto quali allora le prospettive per la fine del 2018? Carel, rispetto ai ricavi, indica che l’andamento dovrebbe mantenersi in linea con il trend del primo semestre. Riguardo, invece, all’Ebitda margin adjusted il gruppo è fiducioso di confermare il risultato dello scorso esercizio.
Il Nord America e l’Asia-Pacifico nel medio periodo vedranno aumentare il peso sui ricavi