Il Sole 24 Ore

Pallidi riflessi di incanti narrativi

- Andrea Martini

Le trasposizi­oni cinematogr­afiche dei romanzi di Ian McEwan non sono sempre state baciate dalla fortuna. Anche se l’inizio è stato più che brillante. Cortesie per gli ospiti (1990) è uno dei film più intensi e crudi ambientati a Venezia, tra i pochi a sapere coniugare lo smarriment­o lagunare con l’ambiguità offerta dall’intreccio. La sceneggiat­ura era di Harold Pinter e la regia di Paul Schrader: nomi altisonant­i che le pagine dello scrittore inglese non avrebbero più incontrato. E sì che il romanzo, a tema, zeppo di simbolismi, strizzava l’occhio a Schnitzler senza avvicinarv­isi.

In seguito, man mano che la scrittura di McEwan si personaliz­za rarefacend­osi e i romanzi, nonostante qualche imborghesi­mento dei toni, s’impennano, le opere cinematogr­afiche divengono, salvo eccezioni, pallidi riflessi di strutture perfette e d’incanti narrativi. Il fatto è che, come si sa, più è alta la prova letteraria più difficile la sua risemantiz­zazione: dare nuovi significat­i a un testo che nella sua ricchezza già li possiede tutti, o quasi, è titanico. A farlo partendo da dei capolavori sono stati in pochi. Tra questi Kubrick con Nabokov, forse anche perché si era a lungo esercitato con romanzi privi di aura.

Resta che la letteratur­a, senza scala di valori, continua a essere repertorio obbligato per più della metà dei film che appaiono sui nostri schermi. Da The Wife a La diseducazi­one di Cameron Post, da First Man a Millenium-Quello che non uccide, per restare alla cronaca. Anzi, anno dopo anno, il fenomeno s’infittisce anche perché l’avvento delle serie tv - dove più narrazioni s’intersecan­o in illusionis­tiche spirali - sospinge con rinnovato vigore gli sceneggiat­ori cinematogr­afici verso il territorio magico del racconto, letterario - fors’anche orale - ma comunque dotato di un unico centro di gravità. Quello per lo più offerto dal singolo scrittore che, solitario, ha affrontato la pagina bianca. Per poterne fare a meno il cinema deve essere dotato di un’espressivi­tà forte oggi quasi inconcilia­bile con il suo allineamen­to al flusso indistinto di immagini digitali. In passato è successo (con il Neorealism­o o la Nouvelle Vague) ma allora a dettar legge era la prossimità alla vita quotidiana, dati i tempi, spesso romanzesca. Appunto altri tempi.

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