Dante debitore di Tommaso d’Aquino
Una filastrocca di Umberto Eco, contenuta ne Il secondo diario minimo, ritrae alcuni grandi filosofi. Ecco dei versi sul pensatore oggetto della sua tesi di laurea: «San Tommaso l’Aquinate/ le due Summae ha elaborate/ con il fare suo giocondo/ per ridurre tutto il mondo/ a un sistema di risposte/ calibrate e ben disposte/ che, con formule sagaci,/ senza fallo sian capaci/ di spiegar nel loro intrico/ da buon Dio fino al lombrico». Di là dei sorrisi suscitati da tali rime, Tommaso resta un pensatore di riferimento per il mondo cattolico (anche se numerosi teologi hanno smesso di leggerlo) e per molte questioni di filosofia moderna. Si prenda, per esempio, l’esame che offre nella Summa Theologiae della proprietà privata, subordinandone il diritto alla “destinazione universale” dei beni della Terra. O quel che ricorda, nella medesima opera, sull’ipocrisia: in tal caso ne evidenzia le forme gravi e veniali, sbugiardando chi la adotta per scopi politici. Sono soltanto cenni. Ai quali si potrebbe aggiungere: senza Tommaso non è comprensibile Dante, né è possibile intendere scelte che per secoli hanno avuto peso nella storia della Chiesa.
Rammenta uno dei celebri studiosi del pensiero medievale, Étienne Gilson, nel saggio Dante e la filosofia (tradotto da Jaca Book), che il poeta studiò Aristotele con l’aiuto dei commentari di Tommaso. In particolare, i debiti di Dante verso l’autore della Summa Theologiae si riscontrano soprattutto nel Convivio, dove si conta almeno un’ottantina di riferimenti ad Aristotele, il filosofo che nel IV canto dell’Inferno è definito ’l maestro di color che sanno.
Dante non dipende esclusivamente da Tommaso, ma senza la sua opera non sarebbero spiegabili taluni argomenti trattati dal poeta, già approfonditi dal pensatore. Per esempio, quando nel XXIX canto del Paradiso e nel Convivio l’Alighieri intende la natura degli angeli come “sustanze separate da materia”, concorda con il filosofo; tuttavia non lo segue quando Tommaso nella Summa Theologiae tratta della diversità “in specie” di ciascun angelo.
Questo discorso si è cominciato per segnalare l’uscita di una prima traduzione mondiale di un’opera di Tommaso: il Commento al Vangelo secondo Matteo, due volumi curati da Roberto Coggi, con testo a fronte. Si aggiunge alle numerose che i Domenicani mettono a disposizione dei lettori contemporanei; inoltre sta uscendo una nuova traduzione commentata della Summa Theologiae presso Città Nuova, della quale è ora disponibile il secondo tomo.
Il Commento a Matteo è di notevole importanza, anche perché tale Vangelo contiene notizie uniche tra quelle presenti nei canonici. Per esempio, alcuni particolari riguardanti l’infanzia di Gesù (la visita dei Magi o la strage degli innocenti) o il passo più celebre su cui si fonda il primato di Pietro, il potere del papa: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Matteo 16, 18-19).
Lutero osserverà che in Matteo 18, 18 la facoltà di legare o sciogliere è data ai discepoli, cioè a tutta la Chiesa, e così va intesa. Tommaso nel Commento ricorda che Gesù rivolgendosi a Pietro parla di “cieli” e poi di “cielo”. Ne deduce che lui ha un “potere universale”, gli altri “in qualche luogo”. Aveva seguito Origene, ma il suo cavillo sarà prezioso per i gesuiti della Seconda Scolastica.