Le virtù civiche che servono in ogni età
«Sì, l’impero è malato e, quel che è peggio, cerca d’assuefarsi alle sue piaghe. Ma scrutando le tracce di felicità che ancora s’intravvedono, ne misuro la penuria. Se vuoi sapere quanto buio hai intorno, devi aguzzare lo sguardo sulle fioche luci lontane». (Calvino). Queste parole vengono in mente leggendo la lettera che il professor Naftoli Emdin scrisse ai suoi figli Ruben e Rafael il giorno stesso delle infami leggi razziali che espellevano lui dall’università di Pisa e i suoi figli dalla scuola. Una lettera che viene dal passato per parlarci del futuro. L’autore è un medico ebreo, nato in Russia nel 1891 ma trasferitosi in Italia a ventidue anni e laureatosi a Pisa nel 1918. Respinto nel limbo degli apolidi da quella che era e restò la sua patria d’elezione, Naftoli Emdin mantenne fermo il timone della sua coscienza e della sua intelligenza del mondo, e raccomandò ai figli di «ripagare con riconoscenza ed affetto» l’Italia. Troviamo nelle sue parole le virtù civiche di cui ha bisogno ogni età, anche (forse soprattutto) la nostra. Uno sguardo fermamente rivolto al futuro, anche quando tutto spinge a concentrarsi sul presente. Piena lealtà al proprio Paese, anche se chi lo governa si sta lanciando in indegne avventure. La fiducia nei valori più alti, nella priorità del diritto sulla contingenza delle leggi. Perciò il testo che qui si propone (datato 1938) è di stretta attualità anche in questo 2018. Al suo autore si addicono le parole di Fernando Pessoa: «L’eroe è un uomo comune a cui è toccato in sorte l’ausilio divino; non c’è la luce che gli rinnova la fronte, sole della gloria o chiari di luna della morte, eppure il suo volto si distingue da quello dei suoi simili».