Il Sole 24 Ore

DISPETTI DI UN CUORE IN OMBRA

- Roberto Escobar RIFLESSI NEL GRANDE SCHERMO

«La gelosia è un aspetto dell’amore», dicono a Nathalie (Karin Viard), mentre si chiude il film di David e Stéphane Foenkinos. E Jalouse è il titolo originale di Il complicato mondo di Nathalie (Francia, 2017, 107’).

Ancora molto bella, a cinquant’anni Nathalie si sente «bloccata nella zona di transito, nella zona del nulla». Che si riferisca a quella che il suo medico chiama «zona di transito verso la menopausa»? Se così fosse, se da qui nascesse la gelosia, la sua storia si ridurrebbe a una comprensib­ile, banale questione di ormoni. Ma i fratelli Foenkinos non sono banali. Nella loro Nathalie, nella sua relazione con la figlia Mathilde (Dara Tombroff) e prima ancora con se stessa, c’è una sofferenza che vive di per sé e che una crisi, anche ormonale, può solo acuire.

Il racconto inizia con un compleanno. Mathilde è maggiorenn­e. Attorno a lei Nathalie ha raccolto amici e parenti, compreso l’ex marito e la sua nuova moglie. «Mia figlia è bella e meraviglio­sa», dice alla sua antica amica Sophie (Anne Dorval). E aggiunge che non può credere che Mathilde sia tanto cresciuta.

Che la ami e che ne sia amata sembra certo. Eppure, uno dopo l’altro, la gelosia produce i suoi effetti. Ora si tratta di Sébastien (Bruno Todeschini), un nuovo possibile compagno accusato senza motivo di essere troppo interessat­o a Mathilde. E ora, fatto ben più grave, si tratta di un atto mancato che mette a rischio la vita della figlia e ne blocca la carriera di ballerina. Nel primo caso parrebbe di vedere gelosia in senso stretto: Nathalie ha timore che Sébastien la tradisca con la figlia. Nel secondo caso parrebbe di riconoscer­e invidia: Mathilde ha o sta per avere l’amore di Sébastien, che invece lei vuole per sé. Gelosa o invidiosa, Nathalie non farebbe che obbedire a logiche d’amore.

C’è però anche un’altra possibilit­à, meno tranquilli­zzante. A muovere gli atti mancati o le azioni consapevol­i di Nathalie forse non è l’amore, se per amore si intende un sentimento in cui siano coinvolti (almeno) due soggetti, e nel quale (almeno) uno desideri aprirsi all’altro. Nathalie sta invece tutta dentro se stessa, senza aperture, neppure verso la figlia. Qualcuno lo ha chiamato dispetto, questo sentimento che isola sempre di più e che non desidera davvero l’altro, ma lo nega.

La zona del nulla in cui Nathalie è bloccata – questo ci sembra raccontino i Foenkinos – è dentro di lei. È la sua paura di non “essere” più. Prima ha perso la giovinezza, poi ha perso un marito, ora perde una figlia, o almeno il controllo su di lei, che non può più considerar­e come parte di sé. In Mathilde, più giovane, immagina una pienezza d’essere che vorrebbe far propria. E quale altro modo ha di farla propria, se non “sostituend­osi” a lei? Ma non può farlo, finché Mathilde resta viva.

È un nulla distruttiv­o il dispetto di cui Nathalie è prigionier­a. Nel suo buio getta non solo l’amore per la figlia, ma anche l’amicizia per Sophie, che ha una vita felice, e che lei cerca di annientare colpendola nel suo amore per la propria figlia. Finché le due le stanno di fronte, lei non può riempire il proprio vuoto d’essere con il loro pieno, o con quello che fantastica sia il loro pieno. Deve liberarsen­e, a costo di troncare ogni relazione con il proprio mondo. Nella sua sofferenza non c’è amore, ma un abisso scuro, nonostante il finale lieto che gli ottimi David e Stéphane Foenkinos fingono di dare alla sua storia.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy