Vent’anni brillanti tra Bari e Fasano
Tra pochi anni, il territorio della musica in Italia si riconoscerà in qualcosa di metaforico: lo sprofondamento di un continente oceanico. È leggenda, quella di Atlantide? Forse, tra non molto ci apparirà come una specie di cantastorie chiunque evochi “un tempo” in cui, in Italia, si faceva musica: musica forte. Occorrerà fantasia per credere all’esistenza di Palestrina, di Monteverdi (un po’ come sant’Orsola e le undicimila vergini), dei due Scarlatti, di Vivaldi, di Rossini, delle Fate, di Verdi, di Claudio Abbado, della Scala, della Fenice, del Pentagramma (che inevitabilmente qualche ministro della Repubblica, uscito abbastanza perplesso dal maestoso ancorché impercettibile tunnel del Brennero, confonderà con il Ministero della Difesa statunitense).
Dell’Atlantide leggendaria, si diceva che si era inabissata nell’oceano, e che le cime delle sue più alte montagne altro non siano, oggi, se non le emergenti isole sparse nell’Atlantico, da Tenerife alle Antille. La metafora geografica e talassografica ci attrae morbosamente quando chiudiamo gli occhi (per non piangere troppo impudicamente) e pensiamo alle belle, buone e soprattutto abili e intelligenti realtà musicali ancora (r)esistenti in Italia. Per esempio, Bari e i suoi cittadini, e la Puglia di uomini di genio e di coraggio come Luciano Canfora o Massimo Biscardi. Di Rino Marrone e dell’arte squisita del “Collegium Musicum” di Bari siamo, da sempre, ammiratori.
Oggi vorremmo che i lettori fedeli a questa pagina pensassero con affetto e gratitudine all’Accademia dei Cameristi, nata nel 1999 per volontà della pianista Mariarita Alfino, con centri operativi a Bari e a Fasano. Il 10 ottobre festeggiando il ventennale dell’Accademia - in vista della prossima stagione 20182019 che comincia, appunto, nel 2018 - e presentando a Bari il programma della prossima stagione, la fondatrice ha rammentato le linee d’indirizzo: artisti celebri e consumati (Laura De Fusco, Bruno Giuranna, Benedetto Lupo, Francesco Dillon, Emaniele Arciuli, Alda Caiello, Mario Caroli, Giovanni Gnocchi, Giacomo Fuga, Simone Baroncini, Giulio Rovighi...) che suonino al fianco dei giovani e giovanissimi; prove e allenamento a non finire; programmazione che associ grandi classici a compositori rinomati sulla carta, ma trascuratissimi dall’ascolto. Così, nel 20172018, Mozart e Brahms per quintetto. Hummel e Martucci per “Klaviertrio” (accostamento da sogno), il Quartetto op.30 di Enescu, autore vergognosamente conservato in naftalina. Certo, in questo ventennio ogni anno ha infierito con tagli crudeli, ma ci permettiamo di suggerire a Mariarita Alfino che la causa non è la penuria: è l’encefalogramma piatto verso il quale ruinano le energie intellettuali di coloro che, come gli infanti, non possono poiché non sanno (non conoscono la via giusta per…) potere, alleati ai decrepiti che non sanno poiché non possono (non possiedono gli strumenti culturali per…) sapere.