Arte, tessuti, moda: l’incanto di chi ha stoffa
Mirabilia. Il sito su Germana Marucelli e, a Como, una mostra su Manlio Rho
Adesso che la mostra «Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination» al Metropolitan Museum di New York – sugli abiti e la moda e l’immaginario cattolico – è diventata la più vista di sempre del museo (con la fantastica cifra di oltre 1,5 milioni di visitatori, da maggio a ottobre!), battendo di quasi 300 mila unità il primato precedente stabilito nel 1978 dai Tesori di Tutankhamen, forse l’attenzione alla moda e alla cultura del tessuto come (anche) forma d’arte, sarà, anche dai più critici, forse, riconsiderata. Non è questione di numeri, ovviamente: è una sensibilità affatto diversa, molto contemporanea, che permette di guardare a un fenomeno così “eclettico” quale sono i vestiti, e ciò che rappresentano, come a una manifestazione della cultura e del modo di vivere di una società che può, e deve, a certi livelli, far aprire le porte ai musei. Non bisogna vergognarsene, al contrario. E in Italia questa sensibilità comincia ad emergere: per esempio il Museo Ferragamo di Firenze, in questi anni, sul rapporto artemoda ha insistito, e bene, parecchio.
Mi stupisce, perciò, che manchi ancora una mostra antologica completa su Germana Marucelli: e sarebbe da fare al più presto. Antesignana della moda italiana (Settignano 1905-Milano 1983) è stata la prima creatrice di moda italiana a rifiutare il predominio francese, ad adoperarsi fortemente per la nascita di quella italiana e intrattenere uno stretto rapporto con gli artisti, coinvolgendo poeti (per i quali creò un premio, il San Babila, e un salotto, molto importanti) e artisti, da Getulio Alviani a Paolo Scheggi, con risultati eccellenti e scrisse un libro, con Nanda Pivano, Le favole del ferro da stiro (da rieditare) nel quale riportò le sue memorie. Sarebbe davvero ora di dedicarle una bella esposizione, e per fortuna, almeno, è appena nato il sito associazionegermanamarucelli.org che ripercorre la sua attività.
E per fortuna, ancora, che ora arriva una mostra, bellissima, a Como su Manlio Rho (altro personaggio da rivalutare, morto giovane, 1901-57). La curatela di Luigi Cavadini e Francina Chiara restituisce con l’esposizione «Manlio Rho: il senso del colore. Tra tessile e arte» (al Museo della Seta, via Castelnuovo 9, fino al 31 marzo 2019, inaugurazione giovedì 18) la sua imprevista e semisconosciuta grandezza. Pittore astrattista, animatore della vita comasca (con un gruppo di amici artisti, Carla Badiali, Aldo Galli, Carla Prina, Mario Radice fu capofila di un episodio significativo e omogeneo dell’arte novecentesca), sostenitore dello sfortunato, e grande, Antonio Sant’Elia (suo contributo decisivo per l’acquisto e donazione di un primo fondo di disegni), insegnante, impiegato in aziende tessili: figura decisiva per portare il disegno tessile al passo con la modernità. In mostra gli esempi sono di una solare evidenza: la capacità di capire e di fare interagire il colore, la bellezza di alcuni disegni per foulard e altre stoffe, i materiali relativi a tessuti realizzati dalle Filande e tessitura Costa sotto la sua direzione artistica di per creatori di moda del calibro di Hubert de Givenchy e Dior. E poi c’è la sua frequentazione delle riviste, le palette colori e i figurini dell’«Officiel de la Couleur», le cartelle colori dell’Ente nazionale della Moda, ma anche ricerche architettoniche quali un pannello della Pinacoteca civica di Como ideato da Marcello Nizzoli per la casa del Fascio di Terragni. Nel bel catalogo (che inaugura le edizioni del Museo) i saggi sono documentati e sobri (nelle note sbuca anche una giovanissima Natalia Aspesi disegnatrice...): è un modo per ridare forza a un mondo che lo merita. La meraviglia non solo sta nei dettagli, ma anche nelle storie poco note che devono essere conosciute. Si dà un senso la lavoro che si fa, alla bellezza che si persegue, all’incanto che spesso è vicino a noi e lo dobbiamo solo riconoscere. Lo dico ogni volta che capitano questi episodi.
Pittore astrattista, animatore culturale della città e tecnico:
incarnava metodo e novità della moda