Quasi nessuno pagherà il 100% su avvisi e Pvc
L’attuale ipotesi di definizione agevolata delle liti fiscali sembra non considerare alcuni fattori che rischiano di influire negativamente sul successo della misura.
Il primo riguarda i controlli dell’amministrazione: ci sarebbe la possibilità di definire Pvc e atti impositivi non ancora impugnati, pagando il totale delle imposte pretese. Chi ha elaborato questa ipotesi pare ignorare che le contestazioni contenute in questi atti sono spesso poco fondate e, non di rado, derivano non da condotte evasive, ma da personali interpretazioni degli accertatori. Il riscontro a questa affermazione si trova nella relazione tecnica della bozza del decreto, dove si evidenzia che, mediamente, negli ultimi due anni (2016-17), l’acquiescenza agli atti impositivi è stata del 4 per cento.
Se va detto che qualche contribuente preferisce proseguire sempre nel contenzioso, occorre anche considerare che spesso il destinatario dell’atto, se fondato, ricerca l’acquiescenza per definire la vicenda ed evitare ulteriori spese (legali), interessi e maggiori sanzioni. In presenza però di una percentuale così bassa (4%), è evidente che qualcosa nei controlli non vada bene e quindi l’amministrazione dovrebbe riflettere sul contenuto degli atti redatti dagli uffici (e sulle direttive impartite a livello centrale), altrimenti il problema si riproporrà periodicamente (a prescindere dalla pace fiscale).
A conferma di ciò, soccorre (ove non sia sufficiente la percentuale del 4%) il dato del contenzioso tributario, da da cui emerge in buona sostanza che almeno un accertamento su quattro viene annullato. In questo contesto, la richiesta del 100% di quanto preteso per definire l’atto impositivo o il Pvc, al di là dell’interesse che potrà suscitare nei contribuenti, è avulsa dalla realtà perché postula che gli accertamenti e i Pvc siano tutti completamente fondati, e dovrebbe quindi essere sensibilmente ridotta.
Si consente poi di definire la lite pagando il 100% delle imposte se non vi è stato giudizio, oppure, se il contribuente ha già avuto ragione, il 50% (in primo grado) o il 33% (in secondo grado). In sostanza l’amministrazione alla fine “ha sempre ragione”. Addirittura, se l’atto è stato dichiarato infondato in entrambi i gradi di merito occorre comunque versare il 33 % di quanto (a questo punto ingiustamente) preteso. Si ignorano, così, sia l’esito dei giudizi, sia le spese sostenute dal contribuente per difendersi. È incredibile cioè che, dopo aver avuto ragione, egli debba versare la metà o un terzo di ciò che, per sentenza di due giudici, non è dovuto.
Per evitare che, alla fine, la definizione possa convenire solo a chi abbia veramente evaso, le percentuali andrebbero decisamente ridotte in attesa del primo grado e in ipotesi di soccombenza degli uffici.