Il differimento dei documenti al rappresentante svizzero
Una società italiana è stata obbligata a nominare il rappresentante fiscale in territorio elvetico. La società esporta in base a ordini di acquisto ricevuti da clienti svizzeri, che verranno fatturati in seguito al momento del prelevamento dal deposito del rappresentante fiscale.
In tale ipotesi, si chiede se si è in presenza di un contratto di “consignment stock” con il rappresentante svizzero (risoluzione 58/E/2005). Oppure se, per i prelevamenti dal deposito, la fatturazione debba rispettare gli adempimenti previsti dalla risoluzione 94/E/2013, la cui prova definitiva del trasferimento è data, anche ai fini del plafond: dall’annotazione in uno specifico registro (articolo 39, Dpr 633/72) delle spedizioni dei beni all’estero, riportando gli estremi dell’esportazione; dall’indicazione nella fattura di vendita, alla consegna dei beni, della corrispondente annotazione del registro relativa ai prodotti esportati.
L.S. - CORNEDO VICENTINO
Poiché la Svizzera non è un Paese aderente all’Unione europea, richiede per i trasferimenti di beni nel proprio territorio la documentazione doganale che costituisce il supporto probatorio per la società italiana nei confronti dell’amministrazione italiana.
Il differimento della fatturazione nei confronti del proprio rappresentante fiscale elevetico dipende solo da come sono stati introdotti i beni. Se sono stati immessi in libera pratica, la società italiana emetterà una fattura non imponibile ex articolo 8 del Dpr 633/1972. Diversamente, se la merce è introdotta in Svizzera in ammissione temporanea, la successiva cessione in territorio elvetico è fuori campo Iva per carenza del presupposto territoriale. L’operazione dovrà comunque essere fatturata al proprio rappresentante fiscale ex articolo 21, comma 6–bis, lettera b, del Dpr 633/1972.