Con la blockchain il trade finance muove i primi passi verso il digitale
In fase sperimentale più piattaforme, a cui aderiscono i principali gruppi bancari, per validare documenti e prodotti, dalle bolle alle lettere di credito
Molti, nel mondo del trade finance, guardano al fenomeno della blockchain come alla soluzione per rendere più efficiente un settore che è pressoché immutato da decenni. E che è fatto ancora di carta. Tanta carta: dai contratti ai crediti documentari, fino alle bolle di accompagnamento. In fase sperimentale più piattaforme, a cui aderiscono i principali gruppi bancari.
Forse è ancora presto per definirla una rivoluzione. Ma molti, nel mondo del trade finance, guardano al fenomeno della “blockchain” come alla soluzione per rendere più efficiente un settore che è sostanzialmente immutato da decenni. E che è fatto ancora di carta. Tanta carta: dai contratti ai crediti documentari, fino alle bolle di accompagnamento, il mercato del commercio internazionale (e dei servizi finanziari associati) passa ancora prevalentemente sui fogli di cellulosa, supporto mai fuori moda ma soggetto a un elevato livello di inefficienza, errori e frodi. Ecco perché molte banche stanno guardando con interesse alla sperimentazione della blockchain - una sorta di grande database che garantisce l’ incorruttibilità delle informazioni-ed eglismartc on tract, ovverostru menti digitali che“leggono” e certificano chele clausole decise trale varie parti (importatore, esportatore, banche coinvolte, operatori della logistica, dogane) siano verificate passo passo.
L’attivismo dei gruppi bancari su questo fronte è evidente. Per ampliare il bacino dei potenziali clienti, gli istituti si stanno organizzando in consorzi piattaforme su cui le aziende possono sperimentare la nuova modalità per la gestione di operazioni commerciali transfrontaliere. La scorsa settimana, ad esempio, tre banche del calibro di Ubs, Erste Group, e CaixaBank hanno aderito alla piattaforma “we.trade” che vede tra i propri partner l’italiana UniCr ed it,ol tre aHsbc,Deuts che Bank, Natixis, Rabobank, Société Générale e Nor dea. A muoversi in questa direzione è anche Intesa San paolo, che ha aderito a Marco Polo, iniziativa del consorzio R 3- che raccoglie un centinaio di mondo-che ha come obiettivo la realizzazione di un nuovo standard di regole e comunicazione attraverso una piattaforma dedicata, così da facilitare gli scambi commerciali che non si avvalgono di garanzie bancarie o assicurative (in Open Account), rendendole più rapide, semplici e sicure .« Prevediamo di effettuare un primo test con un cliente a inizio del 2019, con l’ intento, in ca sodi esito positivo, di aderire definitivamente e procedere con la commercializzazione nella seconda metà del 2019», spiega Stefano Fa vale, responsabiledella Direzione G lob al Transac ti on Banking di Intesa Sanpaolo. Il vantaggio degli smart contract e della blockchain è evidente. Dal momento dell’ accordo commerciale tra importatore ed esportatore fino all’arrivo della merce a destinazione, ognistepè processato, verificato e certificato .« La forza dell ab lockc ha in è che tutti i processi di notifica sono chiari e trasparenti, essendo le informazioni condivise tra gli attori partecipanti alla transazione (e hanno titolo a vederle) ed immodificabili-aggiungeFavale-ecosìfacendosi aumenta il livello di fiducia e trasparenza nel processo di scambio ».
Il fenomeno dell ab lockc hai n in ambito dit rade fin ance, va detto, è ancora allo stato embrionale. E molto del suo successo dipenderà anche dalla capacità delle diverse piattaforme di fare re tetra loro. Del resto, una delle maggiori criticità che frenano lo sviluppo della blockchainnas ce dalla necessità che tuttigli attori del processo parlino un asola “lingua comune” su un unico database.
«Pensiamo a un lettera di credito, che va digitalizzata e riconosciuta come standard da tutti gli operatori e ai documenti necessari per l’utilizzo che devono essere prodotti dalle aziende coinvolte nell’import/export, dalle banche, dai doganalisti, dagli spedizionieri o da enti pubblici - sottolinea Nicola Giorgi, responsabile Global Transaction Banking di Bper Banca -: è evidente che per arrivare a questo risultato serve uno sforzo di interoperabilità a livello globale che ancora non è completo». Una possibilità è che per ora la blockchain in ambito trade finance possa allora portare valore «soprattutto per le transazioni basiche - aggiunge Giorgi - quelle ad esempio con regolazione a bonifico (cosiddette open account) tra importatore ed esportatore magari a fronte di un contratto gestito nell’ambito della blockchain stessa» mentre più complicato è immaginarne un’applicazione sulle operazioni più strutturate, che hanno come sottostante ad esempio una lettera di credito o altri sistemi di pagamento che si basano su documenti di varia provenienza.
«Siamo ancora agli inizi», riconosce Luca Corsini, Head of Global Transaction Banking di UniCredit. Ma di certo quella della blockchain è un’opportunità che può davvero cambiare il paradigma del settore: «Sia perchè si può semplificare l’esecuzione del trade, sia perchè si può eliminare il rischio connesso a mancata spedizione/consegna/pagamento». Senza contare che le banche possono sfruttare gli smart contract per «innestare sulla transazione commerciale l’offerta di servizi finanziari, quali l’invoice financing per l’esportatore o la garanzia bank payment undertaking per l’importatore», conclude Corsini.