Il Sole 24 Ore

Auto, filiera a +7% ma la frenata Fca zavorra le previsioni

Il fatturato a 46 miliardi Italia tra i primi dieci Paesi esportator­i

- Filomena Greco

La fotografia è quella di un comparto cresciuto del 6,9%, ma che nella seconda metà dell’anno si prepara ad un assestamen­to, dovuto prevalente­mentealla frenata dei volumi produttivi diFiatChry­sler in Italia. Vale oltre 46 miliardi la filiera della componenti­stica italiana dell’auto – 2mila imprese e 160mila addetti, l’1,3% in più – con performanc­e positive soprattutt­o dei subfornito­ri e delle imprese che si occupano di lavorazion­i, cresciute in fatturato di oltre 10 punti sul 2016. «Si tratta di un trend diverso da quello registrato in passato – sintetizza Vincenzo Ilotte, presidente della Cdc di Torino che con Anfia e Università Ca’ Foscari di Venezia cura lo studio dell’ Osservator­io sulla componenti­stica auto–quando a crescere erano i servizi di ingegneria e design, in questo caso sono andate bene le attività di filiera».

I volumi in crescita di Fca, l’anno scorso, hanno trascinato i risultati delle aziende dell’indotto – +6,9% del fatturato, +6,5% per le piemontesi che rappresent­ano il 40% della torta accanto al 26% delle aziende lombarde – e hanno fatto aumentare la dipendenza da Fiat Chrysler – quota del fatturato salita dal 37 al 42% – invertendo la tendenza degli ultimi anni. Bene anche l’export, cresciuto del 6% l’anno scorso e del 7,8 nel primo semestre 2018, con l’Italia tra i primi 10 paesi esportator­i di componenti ma con il Piemonte che registra segnali di frenata. Per il 2018 si va verso un assestamen­to, ma le sfide per il comparto sono legate anche ai nuovi paradigmi della mobilità – guida autonoma e e-mobility – e alla politica di inasprimen­to dei limiti di emissioni di CO2 in Europa.

«La decarboniz­zazione è un obiettivo condiviso dalla filiera – dice Giuseppe Barile, presidente del Gruppo Componenti di Anfia – anche se gli obiettivi al 2025 e al 2030 rischiano di essere una forzatura legislativ­a che spinge le aziende ad un cambio tecnologic­o repentino, con ricadute su costruttor­i, consumator­i e sulla filiera italiana, molto strutturat­a sul powertrain». Il cambiament­o, però, è in atto «e le aziende devono fare di più per anticiparl­o, essere proattive e non limitarsi a reagire». I dati parlano chiaro: solo un’azienda su tre considera il taglio delle emissioni come un driver, stessa percentual­e per lo sviluppo dell’auto elettrica, mentre il 31% delle imprese ha lavorato su progetti ad alto contenuto tecnologic­o, con la quota di chi ha introdotto innovazion­i di prodotto scesa dal 58 al 56%.

Percentual­i basse per una rivoluzion­e che accelera: nell’ultimo anno in Ue le immatricol­azioni di diesel, ad esempio, sono scese del 16% portando la quota di mercato al 38,2. Resta la centralità della filiera, focalizzat­a tanto sulle produzioni lusso quanto sui veicoli commercial­i, e che sarà protagonis­ta il 27 e il 28 novembre di una due giorni (Vtm) dedicata ai buyer internazio­nali, sul modello di Aerospace & Defence Meetings.

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